Ceramica e porcellana

Nell'VIII secolo d.C. i ceramisti giapponesi appresero dalla Cina il metodo d’invetriatura con sali di piombo, segnando così l’inizio della ceramica invetriata in Giappone. Fu anche praticata l’invetriatura a cenere, che fonde a temperature superiori ai 1250° C. A questo punto sembrava che la ceramica invetriata si avviasse ad una grande fioritura: invece, solo le fornaci di Seto ereditarono la tecnica d’invetriatura a cenere e la trasmisero al successivo Periodo Kamakura (1185-1392).
Nel Periodo Momoyama (1573-1603) la ceramica giapponese subì un notevole sviluppo: nuove fornaci si diffusero a Kyūshū, Karatsu, Agano, Takatori e Satsuma, mentre nelle regioni di Kyōto e Imari la cerimonia del tè (chanoyu), stimolò la creatività dei centri di produzione già esistenti. Le due spedizioni militari in Corea del 1592 e 1597 diedero ai capi militari giapponesi l’opportunità di condurre in Giappone molti ceramisti coreani, depositari di superiori abilità tecniche e artistiche.

Nel Periodo Edo (1603-1867) la produzione di ceramiche era concentrata soprattutto a Kyōto e a Imari nella provincia di Saga. Le fornaci stabilite nei feudi (han’yō) erano vere e proprie imprese commerciali amministrate e controllate dai capi militari: costituivano infatti centri manifatturieri rilevanti per l’economia dei feudi, poiché producevano e distribuivano non solo vasellame comune e d’uso quotidiano per il grande consumo, ma creavano anche opere d’arte, usate come doni ufficiali e diplomatici. La porcellana, prezioso prodotto d’importazione proveniente dalla Cina e dalla Corea, impossibile da riprodurre e imitare, era nota e ammirata già da qualche secolo in Giappone. L’evento rivoluzionario risale al 1617, quando a Izumiyama nel territorio di Hizen, nel nord di Kyūshū presso Arita, fu scoperta l’argilla adatta a fabbricare la porcellana. Inizialmente si fabbricò porcellana denominata sometsuke, sommariamente decorata in blu cobalto sotto coperta come i prototipi cinesi, stabilendo un modello duraturo per il vasellame giapponese d’uso quotidiano. In breve tempo le produzioni giapponesi furono molto favorite da due circostanze storiche: la sempre crescente richiesta di porcellana da parte della committenza europea e la crisi politica dell’Impero cinese Ming, che determinò dapprima un rallentamento delle esportazioni e poi, attorno al 1660, il declino delle produzioni cinesi destinate all’Occidente. Da questi eventi il Giappone trasse vantaggio, sostituendo il vasellame cinese con produzioni uguali e similari.
La committenza europea, per il tramite della Compagnia Olandese delle Indie Orientali, trasmetteva in Giappone forme e sagome del vasellame, oltre che precise indicazioni su colori, disegni e temi ornamentali.

Col nome Imari ci si riferisce ad articoli d’esportazione, tipicamente decorati in blu sotto coperta, rosso e oro sopra coperta. Imari infatti è il porto situato vicino ad Arita, il più grande centro di produzione ceramica, dal quale le porcellane iniziavano il lungo viaggio verso Occidente. Lo stile Kakiemon, iniziato verso il 1643 e molto apprezzato in Europa fin verso la metà del XVIII secolo, si distingue per l’impiego di una vivida tavolozza di verdi, gialli, blu e azzurri, tra i quali spicca uno smalto rosso aranciato del colore del frutto del kaki.
Alcune fornaci dei feudi, come Kutani, ebbero vita breve; altre, come Nabeshima, rimasero attive sia pure solo per soddisfare le esigenze di rappresentanza dell’aristocrazia militare; altre ancora,come Hirado, Satsuma, Seto e Kyōto, affrontarono la competizione del mercato internazionale verso la metà del secolo XIX, esercitando in seguito influssi rilevanti sui movimenti Art Nouveau di fine secolo.
 

Bottiglia da sake, tokkuri

Bottiglia da sake, tokkuri

Bottiglia da sake, tokkuri

Bottiglia da sake, tokkuri

Leone cinese (Karashishi)

Leone cinese (Karashishi)

Leone cinese (Karashishi)

Leone cinese (Karashishi)

Grande vaso con fiori hōsōge

Grande vaso con fiori hōsōge

Grande vaso con fiori hōsōge

Grande vaso con fiori hōsōge