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Michele Taddeo di Giovanni Bono, detto Giambono (Venezia, 1420 circa - 1462 circa)
Tempera su tavola, cm. 53x40
Genova, Musei di Strada Nuova - Palazzo Rosso, inv. PR 57
Dal 1874 nelle collezioni per donazione di Maria Brignole - Sale De Ferrari, duchessa di Galliera
Il ritratto presenta un uomo a mezzo busto, posto di profilo, stagliato su un fondo uniforme verde. La sontuosa veste di velluto broccato, decorata con un motivo a melagrana impreziosito da lamine d'argento graffite, l'ampio bavero di pelliccia e la larga tesa del cappello rosso conferiscono al personaggio un'aria vagamente esotica che, insieme all'incarnato bianco e piuttosto flaccido, le labbra carnose, lo scorcio dell'occhio non troppo definito dal disegno, hanno fatto pensare a uno dei principi magiari che vennero in Italia nel 1433 per l'incoronazione dell'imperatore Sigismondo.
La vicenda attributiva del dipinto, piuttosto travagliata, comincia con il riferimento, del tutto inverosimile, a Leonardo da Vinci, nell'inventario seicentesco della raccolta veneziana del pittore e collezionista Nicolas Régnier, da cui lo acquistà il nobile genovese Giuseppe Maria Durazzo.
Dagli inizi del Novecento, in ragione dell'alta qualità sia formale sia tecnica, si è a buon diritto consolidata la collocazione di quest'opera nell'ambito della più qualificata produzione del "gotico internazionale". Pisanello, cui il nitore numismatico del profilo sembra avvicinarsi, e, in seguito, Giambono sono i nomi su cui si è divisa la critica, propendendo più decidamente per il secondo. Un recente intervento propone, infine, Gentile da Fabriano, maestro e modello cui spesso Giambono si ispira.
La bella cornice "a edicola", con doratura a guazzo in oro zecchino, che racchiude il dipinto, pur non essendo quella sua originale, risale al primo quarto del XVI secolo e si ispira a elementi architettonici rinascimentali di matrice brunelleschiana.