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Piero Manzoni (Soncino, 1933 - Milano, 1963)
Caolino su tela, 50 x 30 cm
In deposito (n. inv. 698)
Collezione Maria Cernuschi Ghiringhelli, acquisita nel 1989
Dipinto
La personalità di Piero Manzoni, pur nell’arco brevissimo di un paio di anni, dal 1957 fino al febbraio 1963, rivoluzionerà definitivamente il modo di fare e concepire l’arte.
Dagli esordi, nell’area informale dei Nucleari, passando per l’incontro con Lucio Fontana ad Albisola e la lezione dei Monocromi di Yves Klein, l’artista evolve verso ricerche più sperimentali, precisando le sue teorie dell’arte come “procedimento scientifico di fondazione” in 4 manifesti.
Il primo Achrome è del 1957: una colata di gesso e caolino su tela con un effetto muro ancora di impronta informale, ma dove l’intervento dell’artista viene ridotto al minimo. Questa serie di opere è pensata come “un’unica superficie ininterrotta” dove la materia diventa protagonista su tele a riquadri o piegate a grinze: “... una superficie bianca che è una superficie bianca e basta (una superficie incolore che è una superficie incolore) anzi, meglio ancora, che è e basta: essere (e essere totale è puro divenire)”. Negli anni la sperimentazione sugli Achromes continuerà: ingloberanno oggetti, paglia, legno, sassi, panini, determinandosi come entità vitali, indipendenti dalla volontà stessa dell’artista, poi sempre più sintetici, in lana di vetro, plastica e pallini di polistirolo e auto-generanti, con polistirolo imbevuto di cloruro di cobalto dai colori cangianti al variare degli elementi atmosferici.
L’oggetto d’arte si nega come oggetto e si mostra solo come concetto anche nei lavori successivi, Le Linee, i Corpi d’aria, il Fiato d’artista, le Impronte digitali.
Lo scalpore suscitato dalle Linee, culminato nell’episodio di un visitatore che sputò indignato sull’opera esposta, non impedisce all’artista di proseguire il cammino verso l’eliminazione di ogni riferimento psico-esistenziale per riflettere sul rapporto artista/mezzi di produzione anche grazie alla galleria Azimut, e relativa rivista, aperta nel 1959 a Milano, con Enrico Castellani.
Proprio alla galleria, nel 1960, sarà presentato l’evento Consumazione dell’arte dinamica del pubblico divorare l’arte, ritenuto il primo happening realizzato in Italia, in cui venivano distribuite al pubblico uova sode, impresse con il pollice dell’artista, da consumarsi direttamente.
La polemica contro la mercificazione dell’arte e il culto dell’autorialità informerà ulteriori progetti di quegli anni, le Sculture viventi del 1961, in cui chiunque poteva ricevere lo status di “opera d’arte” grazie alla firma dell’artista, le 3 basi magiche, l’ultima realizzata in Danimarca, lo Socle du monde n. 3 - Hommage a Galileo, piedistallo capovolto per sostenere la Terra, e le 90 scatolette di Merda d’artista, tra i più noti e provocatori lavori dell’artista.
Il corpo dell’artista, gli spettatori, il mondo intero è ora un’opera d’arte per realizzare quel cambiamento radicale di cui Manzoni si era fatto interprete: “non ci si stacca dalla terra correndo o saltando; occorrono le ali; le modificazioni non bastano; la trasformazione deve essere integrale”.