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Pier Francesco Mazzucchelli, detto il Morazzone (Morazzone, 1573 - Piacenza, 1626)
Olio su tela, cm. 112 x 82,5
Pier Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone fu, insieme a Cerano e Procaccini, uno dei maggiori interpreti delle istanze post-tridentine dellaMilano dei Borromeo, i quali fecero dell’esportazione di artisti lombardi un veicolo di celebrazione familiare e di propaganda religiosa. Genova fu uno dei luoghi dove tale diffusione fu più intensa e profonda, tanto da influenzare il complesso percorso stilistico di molti pittori locali.
Anche per via del soggetto il dipinto potrebbe essere, dunque, una delle opere eseguite da Morazzone durante il suo ipotizzato soggiorno genovese nel 1617, destinato a soddisfare il gusto di qualche colto collezionista, di cui, tuttavia, si ignora l’identità.
Le piccole dimensioni, che hanno fatto erroneamente pensare a un bozzetto, non devono indurre a sottovalutare questo che, a buon diritto, può essere considerato un capolavoro del Morazzone: complesso nella costruzione e nel dominio dello spazio, forte nella comunicazione emotiva, aristocratico negli esiti formali.
Dalla tetra oscurità di una prigione, uno squarcio di luce irrompe a rivelare l’atto cruento appena compiuto: domina la scena il carnefice, possente nella corporatura, che segna la profondità diagonale del quadro con la posa delle gambe e del braccio teso a sollevare la testa recisa del Battista, prima di posarla nel piatto, dinanzi a una Salomè che la guarda languida, quasi estasiata. Il corpo livido del santo è disteso a terra, mentre altri testimoni, carcerati e carcerieri, assistono attoniti. Solo la protome leonina, in rilievo sullo scudo di un armigero, rivolge il suo terribile ruggito verso lo spettatore.