Fondi antichi

I Padri del Comune, uno degli Uffici (o Magistrature) a cui il Governo delegava particolari settori d’intervento, con proprio bilancio e poteri giurisdizionali estesi, in alcuni casi, fino alla pena capitale, ebbero origine nel XIII secolo con il compito di provvedere a gestione, manutenzione e sviluppo del Porto.
Data l’importanza di tale Ufficio per l’economia genovese, ad esso vennero delegati progressivamente nuovi compiti, quali la sorveglianza delle fognature e dei torrenti che sfociano nel Porto, allo scopo di prevenirne l’interramento, e la cura dell’acquedotto, che portava l’acqua in città grazie ad ardite opere idrauliche.
Dall’inizio del secolo XV, data a partire dalla quale risale la documentazione conservata presso l’Archivio Storico Civico, i Padri del Comune ebbero la cura della pulizia e della manutenzione delle strade cittadine, la vigilanza sugli edifici pericolanti, sulle demolizioni e sulle occupazioni abusive di suolo pubblico (scale esterne, grondaie e cornicioni troppo sporgenti, "mostre" delle botteghe) che rischiavano di rendere impraticabili le vie già strettissime e carenti d’aria e di luce per l’altezza delle case.
Inoltre, con precise disposizioni sull’altezza dei camini, sulle lavorazioni artigianali inquinanti, sull’attività dei farmacisti e dei medici, tutelavano l’ambiente e la salute pubblica. Questo Magistrato aveva notevoli entrate e finanziava con esse le opere pubbliche. Tra queste vanno ricordati il Molo vecchio con la porta dell’Alessi (Porta Siberia) e il Molo nuovo, la Loggia della Mercanzia, il Portofranco, l’ampliamento della Cattedrale di San Lorenzo e gli interventi urbanistici nel cuore della città medievale che portarono all’apertura nel Cinquecento di Strada Nuova, chiamata per il fasto dei suoi palazzi Via Aurea (ora via Garibaldi), nel Seicento di Strada Balbi e nel Settecento della via Nuovissima (ora via Cairoli).
Queste strade, collegate fra loro e con la nuova via Carlo Felice (ora via XXV Aprile) e la via Giulia (divenuta poi via XX Settembre), risolsero all’inizio del XIX secolo il problema dell’attraversamento della città con carri e carrozze, rimasto fino ad allora insoluto. In breve, per i servizi di pulizia, di igiene e di urbanistica che ad esso furono affidati, il Magistrato dei Padri del Comune venne ad assumere una connotazione corrispondente alle moderne amministrazioni comunali.

Il Magistrato dei Censori

L’ ufficio dei Censori, aveva il compito di disciplinare il commercio al minuto dei generi di prima necessità: grano, pane, olio, vino, carne, pesce e altre vettovaglie vendute sul mercato cittadino; svolgeva, inoltre, un’ampia opera di controllo sulla produzione artigiana in genere e, in particolare, su alcune produzioni reputate fondamentali perchè oggetto di remunerative esportazioni, come la carta, al fine di assicurare la costante qualità merceologica dei manufatti.
L’ ufficio interveniva nella legalizzazione delle unità di misura, vigilava affinché i commercianti non alterassero a loro vantaggio gli strumenti usati per determinare le quantità di merce comprate e vendute. Inoltre controllava le qualità merceologiche del vino e del pane, le quantità immesse sul mercato e stabiliva i prezzi. In tal modo il Magistrato tutelava gli interessi di quella parte di popolazione che, non possedendo beni fondiari, era costretta a rivolgersi per il suo sostentamento al mercato cittadino ed essendo la parte politicamente più instabile, era opportuno preservarla da eccessivi disagi, perchè non suscitasse rivolte contro l’autorità.
I Censori avevano anche la facoltà di intervenire nei contratti tra padroni e dipendenti e nel determinare i salari.
L’istituzione dei Censori ebbe origine dalla necessità di riuscire a garantire, nonostante l’alternarsi di congiunture non sempre positive, un adeguato rifornimento di generi di prima necessità alla popolazione residente dentro le mura, ma questo compito venne successivamente affidato, per i generi considerati di prima necessità, grano, vino ed olio, ad altre Magistrature create espressamente a tale scopo.

Magistrati dell’Abbondanza e Provvisori del vino

La riforma di Andrea Doria, che nel 1528, con l’istituzione del Governo basato sui Dogi biennali e sui Collegi dei Governatori e dei Procuratori, portò al potere a Genova una ristretta oligarchia fondata sulla nobiltà e sul censo, fu seguita da una accurata riforma degli uffici amministrativi.
La Repubblica di Genova si caratterizzò subito per l’istituzione di Magistrature destinate a svolgere un ruolo di primo piano nella politica annonaria e assistenziale, assicurando alla popolazione cittadina i generi alimentari di prima necessità ad un prezzo equo, garantendo, così, la tranquillità sociale e la stabilità politica.
Il 24 gennaio 1564, in sostituzione dell’antico Officium Victualium, fu istituito il Magistrato dell’Abbondanza, con lo scopo di preservare la popolazione dallo spettro delle carestie allora ricorrenti, assicurando un’adeguata scorta di grano e di altri cereali da immettere sul mercato in caso di penuria, per ricondurre alla normalità i prezzi che tendessero a salire esageratamente.
Essendo però il grano soggetto a deterioramento, bisognava periodicamente rinnovare le scorte. Dapprima questo scopo veniva ottenuto imponendone l’acquisto a mugnai, fornai e farinotti; nel 1591 furono istituiti i forni di Stato, che adoperavano il grano dell’Abbondanza per la fabbricazione del pane da vendersi in città, assicurando in tal modo l’avvicendamento delle scorte.
Intanto, nel 1588, il Governo della Repubblica aveva istituito il Magistrato dei Provvisori del Vino, allo scopo di garantire al popolo l’approvvigionamento del vino a prezzi il più possibile costanti, di eliminare, almeno in parte, le taverne, luoghi ritenuti malfamati e ricettacolo di sedizione, e di assicurare ingenti entrate determinate dalle forti imposte sulle importazioni e sui consumi.
Con decreto del 20 ottobre 1582, si creò una commissione all’interno del Magistrato dell’Abbondanza col compito di rifornire la città di olio per il consumo ordinario.
Undici anni più tardi venne istituito il Magistrato dei Provvisori dell’Olio, con lo scopo di regolamentare, in modo più organico, l’importante settore oleario.

Capitanato di Voltri

Fra la documentazione dell’ex Comune di Voltri, che venne ad arricchire l’Archivio Storico del Comune di Genova nel 1927, in seguito alla creazione della Grande Genova, spicca per particolare interesse il Fondo del Capitanato di Voltri, fonte di notevole importanza per la ricostruzione delle vicende socio-economiche, oltre che dell’attività amministrativa e contabile della regione di Voltri dal XVI al XVIII secolo.
Il fondo a noi pervenuto è composto di 1061 unità archivistiche (529 volumi manoscritti e 532 filze di documenti), che coprono gli anni dal 1570 al 1797, raggruppate in varie serie documentarie; tra le principali vanno citati i libri di conti (manuali e cartulari) del Capitanato e di alcune comunità in particolare (Sapello, Cerusa, Gatega, Chiale ed Arenzano), i libri Diversorum e Criminalium,dal 1570 al 1794, relativi all’amministrazione della giustizia, i libri dell’Ufficio Censorum, l’organismo che si occupava della regolamentazione e del controllo del commercio al minuto, nonché una certa quantità di registri e filze non raggruppabili sotto un titolo specifico, tra i quali spicca un Liber Decretorum (suppliche al governo e relative decisioni dal 1633 al 1790) .