Impassibilità di Anassarco (Mediis tranquillus in undis) (1630-1635)

Impassibilità di Anassarco (Mediis tranquillus in undis) (1630-1635)

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Domenico Fiasella, detto il Sarzana (Sarzana, 1589 - Genova, 1669)

Tecnica e misure:

Olio su tela, cm. 153 x 189

Nato nell’estremo Levante ligure, Domenico Fiasella si trasferì presto a Genova, dove fu allievo del pisano Aurelio Lomi e, più a lungo, di Giovanni Battista Paggi.
Fra il 1607 e il 1615 soggiornò a Roma, dove strinse rapporti con il Cavalier d’Arpino e i caravaggeschi riformati e fu apprezzato dal Reni e dal Passignano. Arricchito dall’esperienza romana, tornò a Genova e contribuì a rinnovare la tradizione locale coniugando i modi stilistici del tardo manierismo con il luminismo toscano e le ricerche caravaggesche, giungendo negli anni trenta alla piena maturità e successo, tanto che, quando, nel 1637, la Madonna fu solennemente proclamata regina di Genova, Fiasella fu investito del ruolo di protagonista nella definizione e realizzazione dell’iconografia di immagini ufficiali della Repubblica.
Quest’opera, eseguita intorno agli anni trenta e di cui non si conosce né il committente né l’occasione della sua esecuzione, rivela la capacità del maestro di eseguire dipinti assai calibrati nella forma, ma innovativi per l’assetto compositivo, in cui un incisivo naturalismo e il vivace dialogo fra colori e luce esaltano la narrazione dell’insieme.
In particolare, nel soggetto qui rappresentato, rarissimo nell’iconografia cinqueseicentesca, egli dà prova delle sue capacità di narratore. La scena si svolge in un interno: un sovrano, sulla sinistra, addita verso le figure che occupano la parte opposta della tela. Qui, un filosofo, riconosciuto come Anassarco dalla critica, siede meditabondo, con in mano una bilancia i cui bracci sono in perfetto equilibrio, attorniato da tre discepoli che tentano invano di attirarne l’attenzione sui tragici eventi descritti nello sfondo, dove si scorge una città divorata dalle fiamme.
La chiave interpretativa dell’intera rappresentazione è fornita dall’iscrizione che si legge sul basamento di un pilastro alla spalle di Anassarco, che recita “Mediis Tranquillus In Undis”, letteralmente “tranquillo in mezzo alle onde” ma da intendersi come “padrone di sé anche nelle situazioni più difficili”, con riferimento alla capacità, propria dell’uomo saggio, di restare impassibile anche di fronte
agli eventi più drammatici.
Questo era il motto di Guglielmo d’Orange, detto il Taciturno, primo sovrano d’Olanda, e figura nella raccolta di motti e sentenze, ritenuti di Orazio, che furono pubblicati più volte nell’arco del Seicento e del Settecento con il commento di Gerbrand Bredero e le illustrazioni dell’incisore Otto van Veen (1556-1629), che Fiasella utilizzò per elaborare il suo dipinto.