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Tre virtù (Terzo quarto del secolo XV)
Marmo
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Tre virtù (Terzo quarto del secolo XV)
Marmo
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Studio per la "Torre Circolare" vista da sud
Acquarello su carta
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Medusa
Mitchell Wolfson Jr. 2007 Genova - donazione
Buffa, Giovanni - Zuccaro, Guido
Arredo
1901 - 1902 - XX
GX1993.396
Unità di misura: cm; Diametro: 56
vetro dipinto
Prima Esposizione Internazionale d’Arte Decorativa Moderna - Torino, Parco del Valentino - 10/05/1902 – 10/11/1902
Famiglia Artistica - Milano
«[…] l’orrenda immagine, che i serpenti avvolgono irosamente, è tenuta sospesa dalla mano di Perseo e sul cielo spicca rosseggiante in tutto il suo pietrificato terrore. Esposta già alla Famiglia Artistica di Milano, a Torino ha ricevuto la conferma del conseguito successo». Con queste parole Alfredo Melani commentava nel settembre del 1902 la partecipazione del tondo in vetro piombato – realizzato da Guido Zuccaro, su cartone di Giovanni Buffa, per conto della manifattura Vetrate Artistiche G. Beltrami di Milano – alla Prima Esposizione Internazionale d’Arte Decorativa Moderna di Torino.
In discontinuità con le passate esperienze di matrice storicista, tale mostra, il cui programma ufficiale prevedeva, in nome di una totale adesione alla modernità, la tassativa esclusione di opere contraddistinte da «semplici imitazioni di stili del passato», rappresentò la prima esposizione di portata internazionale organizzata in Italia dopo l’unificazione. E aderente a un filone di ricerca allora molto in voga, in cui il modello di donna demoniaca e mutante - nella sua inquietante corrispondenza fisiognomica con il mondo animale - aveva ormai preso il sopravvento sul tradizionale ritratto femminile angelico e idealizzato, questo tondo in vetro dipinto e piombato presentava evidenti analogie espressive e iconografiche con le trasposizioni letterarie e mitologiche della cultura simbolista internazionale, da Franz von Stuck a Gustave Moreau. Tondo di vetro raffigurante la testa mozza di Medusa.
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Letto piramidale
Mitchell Wolfson Jr. 2007 Genova - donazione
Fabbi, Fabio - Aroldi, Tommaso
letto
1896 - 1917 - XIX-XX
GX1993.194
Unità di misura: cm; Altezza: 296; Larghezza: 275; Profondità: 280
legno di rovere scolpito e intarsiato
Divenuto proprietario nel 1896 del Palazzo Ducale di Guastalla, l’imprenditore Flavio Mossina – già residente in Congo, dove iniziò a maturare la propria passione per l’esotismo – diede subito avvio a una serie di lavori di ripristino dell’edificio, per farne la propria abitazione e la sede della sua azienda "Trancerie Mossina", una tra le prime e più importanti fabbriche di compensati in Italia. Tra gli ambienti da lui ideati si deve ricordare la Camera Egizia, da cui provengono gli arredi conservati alla Wolfsoniana e il cui apparato decorativo – commissionato al pittore orientalista Fabio Fabbi, probabile autore del progetto, forse assieme al fratello Alberto – fu eseguito intorno al 1917 dal pittore e architetto Tommaso Aroldi, formatosi tra il 1885 e il 1892 alle accademie di Parma e Firenze, dove fu allievo di Giovanni Fattori.
Il cassettone Ninive e il letto piramidale documentano in maniera esemplare il visionario e fantasioso spirito orientalista che improntava i caratteri artistici della camera: un pastiche che combinava suggestioni esotiche e storiciste di diverse epoche e di differenti aree geografiche, come attestato dalle stravaganti invenzioni figurative degli elementi di boiserie in deposito presso la Wolfsoniana, raffiguranti miti e leggende di re, faraoni, dei ed eroi, ambientati in lande remote, dall’estremo oriente all’America Latina, a ricreare una seducente e immaginaria atmosfera esotica. Il rimando all’antico Egitto, rievocato nella monumentale testiera piramidale del letto, dialogava, nel contesto di questa fastosa ricostruzione orientaleggiante, con la fantastica veduta nel fronte del cassettone della città di Ninive, antico centro urbano sulla riva sinistra del Tigri nel Nord della Mesopotamia.
L’aspetto peculiare della Camera Egizia del Palazzo Ducale di Guastalla è tuttavia rappresentato soprattutto dal fatto che – seppure all’epoca fosse molto in voga proporre, a fianco di arredi storicistici, salotti in stile orientale, genericamente indicati con il termine “moresco” e abitualmente attrezzati a fumoir – questo ambiente era destinato non a una condivisione sociale, ma a una fruizione più intima e famigliare. Letto ligneo riccamente decorato con intarsi in avorio e pietre dure, caratterizzato da una struttura monumentale e dalla testiera piramidale, riecheggiante l'antico Egitto, circondata da mura e torri.
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Parrasio Micheli o Michiel (Venezia, 1516 circa – 1578)
Olio su tela, cm. 130 x 97
Il pittore veneziano, allievo di Tiziano e conosciuto soprattutto per le doti di ritrattista, si avvicinò in seguito ai modi di Paolo Veronese, di cui spesso imitò esteriormente le composizioni affollate e sontuose.
Il Ritratto di dama, tradizionalmente riferito a Paris Bordon, è stato poi assegnato al meno noto Parrasio Micheli e datato intorno al 1565, sulla base di precise notazioni relative alla moda: la veste e la "zimarra " in broccatello, l'acconciatura, il girocollo di perle e gli orecchini a "perolo".
Da notare nell'opera oltre agli interessanti dati di costume, anche lo scorcio di città raffigurata sullo sfondo, probabilmente Venezia, e l'orologio da tavolo rotondo orizzontale tipico dell'epoca.
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Nicolò Codazzi (Napoli, 1642 - Genova, 1693)
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Nicolò Codazzi (Napoli, 1642 - Genova, 1693)
affresco
Nel 1689 il pittore di quadratura Nicolò Codazzi, figlio del più famoso Viviano Codazzi, paesaggista e prospettico di origine lombarda, viene pagato per le architetture dipinte a fresco nella loggia sud del secondo piano nobile di Palazzo Rosso: in questo ambiente le parti di figura, che raccontano il mito di Diana-Luna e del suo amore per il bellissimo Endimione, spettano al genovese Paolo Gerolamo Piola, figlio di Domenico, allora ventitreenne e per questo motivo non presente come voce autonoma nei conti delle spese di cantiere. L’intero progetto decorativo della dimora era in quegli anni diretto proprio da Domenico Piola e anche Codazzi figurava già tra i collaboratori di quest’ultimo per la realizzazione delle “muraglie” – ossia le architetture a trompe l’oeil delle pareti – nella sala dell’Inverno.
Lo spazio della loggia è fantasiosamente trasformato – dalla capacità di mimesis dell’affresco barocco – in un palazzo diroccato, dove elementi architettonici in rovina, intonaci crollati e arcate dirute con mattoni in aggetto sono finti in pittura o concretamente simulati in rilievo grazie a inserti in stucco: in questo scenario di pura illusione è ambientata la favola d’amore della dea della Luna che, secondo il mito, sarebbe scesa ogni notte protetta dalle tenebre a baciare il suo amato pastore Endimione, reso immortale da Giove ma condannato a un sonno eterno.
Questa sala era stata in origine concepita come “galleria” chiusa e aveva arcate più basse, ornate da lunette affrescate e finestre dai decori rocaille. L’aspetto di loggia aperta sulla città che ha oggi questo ambiente, dal quale si gode un bellissimo panorama sul centro medioevale e sul mare, data, infatti, al restauro degli anni Cinquanta del secolo scorso, quando si ritenne erroneamente non autentico, in un palazzo del Seicento, un ambiente il cui gusto anticipava già così manifestamente il Settecento.
La favola di Diana-Luna viene a corrispondere – spazialmente e simbolicamente – a quella di Apollo-Sole del salone centrale, inserendosi nel generale progetto di cosmologia celebrativa della casata Brignole - Sale. L’invenzione dell’architettura in rovina, invece, può essere credibilmente messa in rapporto con il ricordo dell’aspetto che Genova dovette avere dopo il tragico bombardamento da parte della flotta francese nel 1684, quando la città, cannoneggiata per undici giorni, rimase ferma nel proposito di difendere a tutti i costi la propria libertà.
Sede:
Comune di Genova - Palazzo Tursi
Via Garibaldi 9 - 16124 Genova
C.F. / P.iva 00856930102