Allegoria dell’Autunno - particolari

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Domenico Piola (Genova, 1627-1703)

Affresco Volta sala dell'Autunno di Domenico Piola

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Domenico Piola (Genova, 1627-1703)

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Domenico Piola dipinse le volte delle ultime due stanze di levante del secondo piano nobile di Palazzo Rosso fra il 1687 e il 1688, come attestano i saldi dei pagamenti
che lo riguardano. È il periodo successivo al suo ritorno dal viaggio-fuga intrapreso nel 1684, a seguito del bombardamento francese della città, che lo portò in varie località del Norditalia e soprattutto a Parma, dove ebbe modo di confrontare e di aggiornare sulle soluzioni correggesche il suo modo di concepire lo spazio dipinto in rapporto a quello architettonico. Questa esperienza, e, insieme, il contatto con Gregorio De Ferrari, suo genero e allievo, conferì al suo linguaggio una più sciolta leggerezza, soprattutto nella pratica di un uso del colore più lieve e meno corposo, cui si associa il gusto per lo spazio aperto e per la composizione intesa
in senso ruotante.
Sono elementi ravvisabili nella concezione delle sale con le allegorie di Autunno  e Inverno, dove Domenico si avvalse della collaborazione dello stuccatoreGiacomo Muttone e del quadraturista bolognese Stefano Monchi.
Il tema dell’Autunno è risolto con la rappresentazione tradizionale del trionfo di Bacco. La volta raffigura, immerso in una chiara luce diffusa, il dio non intento, tuttavia, in sfrenati festeggiamenti, bensì giovane, imberbe, colto in un momento di pacata tenerezza quando, giunto nell’isola di Nasso, incontrò Arianna, abbandonata lì da Teseo, si innamorò di lei e la volle come sposa. Il risultato è un dipinto in cui il disegno come elemento strutturante dell’immagine lascia il posto al colore che, attraverso lievi trapassi luminosi, modella i corpi e i piani spaziali.
Il tiaso bacchico, animato e vivace, è relegato ai margini della composizione: Sileno ebbro, baccanti, centauri, satiri e gli animali cari a Dioniso – capre, pantere, scimmie – padroneggiano lunette e peducci con registri cromatici più vivi e plastici, in piacevole, dialogante contrasto con la volta.
Il bel fregio di stucco dorato che corre lungo i quattro lati della stanza, in un susseguirsi continuo di tralci di vite, oltre a ribadire il tema della stagione, dà lo spunto per il motivo decorativo della cornice della grande specchiera collocata fra le finestre.
 

Ritratto di Geronima Sale-Brignole con la figlia Maria Aurelia

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Antoon Van Dyck (Anversa, 1599 - Londra, 1641)

Tecnica e misure:

Olio su tela, 226,3 x 151,8 cm

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Commissionato da Gio.Francesco Brignole (1582-1637) nel 1627, il grande ritratto raffigura la moglie del committente assieme ad Aurelia, una delle due figlie. Il dipinto è attualmente conservato a Palazzo Rosso per volontà di Gio.Francesco I Brignole-Sale (1643-1694) di mantenere il ritratto legato alla casata.
L’intervento di restauro eseguito per la mostra genovese dedicata all’artista fiammingo nel 1997, ha rivelato una stesura pittorica ben conservata in entrambe le figure e ha restituito freschezza al viso della madre quarantaduenne. 
La pulitura ha pure confermato la complessiva severità dell’immagine data dal nero vestire della dama, secondo il gusto spagnoleggiante dell’epoca, e dal fondo buio, dal quale una luce proveniente da sinistra rivela solo una colonna su un alto plinto e un ricco tendaggio rosso. Il quadro mostra le eccellenti qualità pittoriche dell’artista nella ricchezza dei chiaroscuri, che conferiscono alla bianca veste cerimoniale della fanciulla un accento luministico drammatizzato e scultoreo.

Cristo della moneta (circa 1625)

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Antoon Van Dyck (Anversa, 1599 - Londra, 1641)

Tecnica e misure:

Olio su tela, 142 x 119 cm

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La tela, riferita al periodo del soggiorno genovese del pittore, è databile intorno al 1625 e rivela una profonda influenza della pittura veneta e, in particolare, di Tiziano sia per quanto attiene la tecnica pittorica e la cromia sia per quanto riguarda la struttura formale. L’opera risulta, infatti, una reinterpretazione da parte di Van Dyck di una composizione di analogo soggetto dipinta dal pittore cadorino per Filippo II di Spagna, ora conservata alla National Gallery di Londra e, probabilmente, conosciuta dal fiammingo attraverso un’incisione di Martino Rota. Quest’ultimo fatto spiega la ragione per cui la raffigurazione di Tiziano sia qui ripresa in controparte, sulla base dell’immagine incisoria ribaltata.
L’episodio narrato, tratto dai vangeli sinottici, si riferisce alla polemica artificiosamin cui farisei ed erodiani tentano di coinvolgere Gesù a prendere una posizione sulla controversa diatriba sulle tasse e, più in generale, sulla questione del riconoscimento dell’autorità politica di Roma. I farisei, nemici acerrimi del potere romano in Palestina, domandano al Cristo se sia lecito o meno pagare il tributo a Cesare, egli risponde che gli venga mostrata una moneta e chiede di chi sia l’immagine e l’iscrizione che vi sta sopra; gli “avversari” replicano che immagine e iscrizione sono di Cesare, l’immagine era infatti quella dell’imperatore Tiberio.
Gesù, indicando l’effige sulla moneta, dice “Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”, invitando quindi implicitamente i farisei a distinguere tra autorità civile e religione.
Il quadro, che già a partire dal 1748 si trovava nella collezione Brignole - Sale a Palazzo Rosso, pervenne al Comune di Genova per legato di Maria Brignole - Sale De Ferrari, Duchessa di Galliera, nel 1889.

Ritratto di giovane di casa Spinola

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Antoon Van Dyck (Anversa, 1599 - Londra, 1641)

Tecnica e misure:

Olio su tela, 241 x 170,5 cm

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L’opera fu acquistata da Gio.Francesco II Brignole - Sale dalla famiglia Lercari nel 1728 e, come si può dedurre dallo stemma sul plinto della colonna, l’effigiato era un membro della famiglia Spinola.
Questo Ritratto di giovane di casa Spinola è uno dei primi ritratti eseguiti dal pittore a Genova, e ancora marcata è l’influenza di Rubens, suo primo importante maestro ad Anversa: in questa chiave è da leggersi anche la scelta di segnare la quinta architettonica di sfondo con una colonna tortile. 
In tempi recenti, autorevoli studiosi, proprio in ragione della presenza di tale colonna, hanno addirittura messo in dubbio la tradizionale attribuzione, in favore di quella a Peter Paul Rubens. La recentissima pulitura, tuttavia, ha rivelato una costruzione non rubensiana del dipinto e caratteri compositivi coerenti con quanto si è potuto osservare negli altri dipinti vandyckiani genovesi, restaurati in occasione della mostra del 1997 "Van Dyck a Genova. Grande pittura e collezionismo".

Ritratto del gioielliere Pucci con il figlio

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Titolo dell'opera:

Ritratto del gioielliere Giacomo Pucci con il figlio Alberto

Acquisizione:

Maria Brignole-Sale De Ferrari 1874 Genova - donazione

Autore:

Van Dyck, Antoon

Tipologia:

dipinto

Epoca:

1626 - 1627 - XVII

Inventario:

PR 50

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 125; Larghezza: 100

Tecnica:

olio su tela

Ultimi prestiti:

Cento opere di Van Dyck - Genova - 1955
Il tempo di Rubens. Da Anversa a Genova. Opere del seicento fiammingo. - Genova - 1987
Van Dyck a Genova. Grande pittura e collezionismo. - Genova - 1997

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Descrizione:

Il dipinto fa parte della quadreria Brignole-Sale da prima del 1684, anno di redazione dell’inventario dei beni di Gio. Francesco I, nel quale è citato come “Ritratto del gioielliere Pucci e suo figlio di Antonio Vandick”. L’autografia vandyckiana è stata in passato messa in dubbio da Barnes (2004), ma è del tutto plausibile che negli ultimi anni del suo soggiorno genovese, periodo in cui venne realizzata la tela in esame, l’artista si avvalse di collaboratori per condurre a termine le numerose committenze. Il soggetto del ritratto corrisponde a quel “Giacomo Puchi” che partecipò alla “callega”, ossia all’asta pubblica dei beni di Costantino Pinelli, deceduto nell’agosto del 1622, comprando alcuni oggetti in oro e in argento, collegabili al suo mestiere di gioielliere. Accanto a lui compare suo figlio, identificabile con Alberto Pucci, nato il 9 luglio del 1623 e battezzato nella basilica di Nostra Signora delle Vigne, il quartiere degli orafi. (Santamaria in Genova 2018, p. 204) Ritratto di Giacomo Pucci seduto, alla sua destra suo figlio Alberto.

Madonna col Bambino dormiente ed Angeli

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Madonna col Bambino dormiente ed Angeli

Tecnica e misure:

Olio su tela, cm. 98 x 84

Fermatosi nella bottega di Giovanni Andrea De Ferrari, Bernardo Carbone ebbe successo soprattutto come ritrattista, epigono di Anton Van Dyck, rifacendosi ai modelli del grande maestro. A Palazzo Rosso egli è rappresentato con un dipinto che si discosta dal genere per cui questo artista fu maggiormente apprezzato.
L’opera, inizialmente attribuita a Valerio Castello, è stata successivamente ritenuta del Carbone. Nelle fattezze del Bambino e nell’atteggiamento della Madonna, la critica ha colto una derivazione dalla Madonna col Bambino di Anton Van Dyck, attualmente conservato a Parigi, in collezione privata.

Natività

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Giovanni Benedetto Castiglione, detto il Grechetto (Genova, 1609 - Mantova, 1664)

Tecnica e misure:

Olio su tela, cm. 65 x 56,5

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La separazione di Abramo da Lot

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Sinibaldo Scorza (Voltaggio, 1589 - Genova, 1631)

Tecnica e misure:

Olio su tela, cm. 76 x 98

Esodo biblico detto "Fuga di pecore"

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Giovanni Benedetto Castiglione, detto il Grechetto (Genova, 1609 - Mantova, 1664)

Tecnica e misure:

Olio su tela, cm. 22 (diametro)

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