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Dipinto
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Volta della Sala della Primavera e volta della Sala dell’Estate
Gregorio, De Ferrari
affresco
1686 - 1687 - sec. XVII
affresco
A partire dal 1686-1687 Gregorio De Ferrari si trova impegnato, con il suocero Domenico Piola, nella decorazione a fresco del secondo piano nobile di Palazzo Rosso, per la committenza di Gio. Francesco I Brignole Sale (1643-1694): a partire dal salone, passando per le quattro sale a levante fino ad arrivare alla loggia sud rivolta verso il mare, viene messo a punto un unitario e coerente progetto iconografico che ha come tema centrale la simbolica identità tra Apollo dio del Sole, che con il suo carro scandisce il ritmo delle giornate, e il committente Brignole Sale, il cui stemma araldico, un Leone rampante, coincide significativamente con il segno zodiacale dell’estate, la stagione del sole. La decorazione del salone, realizzata da Gregorio De Ferrari e fulcro di questo complesso sistema figurato, ruotava intorno alla mitica figura di Fetonte, figlio di Apollo, e recava agli angoli gli stemmi dei committenti, il Brignole e la moglie Maria Durazzo: purtroppo questa decorazione è andata distrutta a seguito dei bombardamenti del secondo conflitto mondiale. Seguono i salotti dedicati alle allegorie delle Quattro Stagioni, iconograficamente connessi al piano simbolico generale quali emblemi del passaggio del tempo. Nei primi due ambienti, ancora di mano del De Ferrari, la Primavera e l’Estate trionfano al centro di due volte incorniciate da stucchi di Giacomo Maria Muttone: nella prima sala Venere, in atteggiamento lezioso e seducente, trionfa su Marte in volo mentre Cupido, emblema per eccellenza delle arti amatorie, dà fuoco alle fiaccole a cavallo di un cigno; tutt’intorno giovani fanciulle e festosi putti giocano tra i fiori, mentre sulla sinistra campeggia un leone, ancora un diretto richiamo all’arma araldica del committente. Nella seconda sala Cerere dea delle messi, in volo accanto a un putto che regge un grande fascio dorato di spighe, prevale sui venti invernali scacciati dall’Aura, mentre il centro della composizione è ancora dominato dalla figura di Apollo-Sole accompagnato da un leone, questa volta allusivo anche – come già nel salone – al segno dello zodiaco e dunque appunto all’estate, in un piacevole gioco di rimandi tra astrologia e celebrazione dinastica.
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Mobile a intarsio
Enrico A. D'Albertis 1932
armadio
XIX - 1875 - 1880
C.D.A 1583
Tipo di misura: altezzaxlarghezzaxspessore; Unità di misura: cm; Valore: 171x72x32
Giappone
Legno a intarsi policromi.
Arredo
Struttura lignea a ripiani, sportelli e cassetti, rivestita da intarsi lignei eseguiti con diverse essenze in vari colori naturali, in un vasto repertorio ornamentale di motivi geometrici e floreali. Questo interessante elemento di mobilio fu probabilmente acquistato dal Capitano d’Albertis durante il suo primo Giro del Mondo, negli anni 1877-1878. Rappresenta la piena evoluzione tecnica del pregevole intarsio ligneo a mosaico yosegi zaiku 寄木細工 tradizionalmente praticato fin dal 1635, cioè dall’inizio del periodo Edo (1600 - 1867), ad Hakone, cittadina situata sull’omonimo lago nei pressi del Monte Fuji, nella provincia di Odawara. Alimentato dalle immense riserve di legname pregiato del boscoso territorio circostante, questo artigianato artistico trae origine dalle antiche abilità e dalla cultura specifica dei carpentieri, falegnami e intarsiatori giapponesi che nel secolo VIII entrarono in contatto per la prima volta con i manufatti decorati a intarsio importati per i sovrani nipponici dalla Cina d’epoca Tang (618-906).
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Sala sensoriale
installazione multimediale interattiva
2024 - 2024 - XXI
Sensoriale è un luogo dove il tempo è dilatato, lo spazio accogliente, i sensi finemente sollecitati. Nasce per accogliere e per fare un’esperienza orientata al benessere. La postazione si compone di singoli elementi da combinare in molteplici formazioni: cinque strumenti, una seduta morbida e un cuscino, ordinati secondo il principio geometrico d’armonia della serie di Padovan. Le videoproiezioni mostrano frammenti di luce e fiori. L’essenza di cedro favorisce la distensione psicofisica attraverso l’olfatto.
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Mazza dei capi
Enrico A. D'Albertis 1932
mazza
XIX - 1851 - 1900
C.D.A. 492
Tipo di misura: altezzaxlarghezzaxspessore; Unità di misura: cm; Valore: 36x12.7x2
Nuova Zelanda
Specifica alla produzione maori, in particolare quella lignea, è la moltiplicazione di motivi curvilinei, di spirali, e la copertura totale delle superfici con decorazioni a traforo o incise. Per un lungo periodo l’arte maori è stata descritta rintracciando solo i caratteri del suo aspetto esteriore. In tempi abbastanza recenti la pubblicazione di opere di studiosi maori ha permesso letture e approfondimenti che aprono a una complessità di simboli plastici inseriti in sistemi sociali, politici e religiosi che devono essere compresi nella loro globalità.
Cerimoniale/difensiva/offensiva Portata alla cintura, veniva tenuta con una mano e usata nei combattimenti e nelle cerimonie. Il fendente veniva inferto con il bordo convesso della lama. Cerimonie/combattimenti
Mazza piatta a forma di falcetto con manico a intaglio ornato da tre bombature. Le superfici sono decorate a intaglio da gruppi di tre linee alternati a triangoli in rilievo, disposti su tre registri obliqui separati tra loro da tre fasce orizzontali. Lungo il lato interno dell'arma è intagliata una figura stilizzata che simboleggia uno spirito mitologico collegato alla potenza spirituale dell’arma (mana), che aumentava in modo proporzionale ai successi nei combattimenti. La figura ha orecchini circolari, occhi, naso e una bocca simile a un becco da cui fuoriesce la lingua; le mani tridattili intrecciate stringono il corpo informe. Esperti nel combattimento corpo a corpo, i maori hanno ideato una grande varietà di mazze corte intagliate nel legno - denominate in modo generale patu - atte a sferrare colpi improvvisi e potenti dall’alto verso il basso. Secondo la forma e il materiale usato sono definite con un nome specifico. Ogni tipo di patu era modellato e proporzionato alla presa del possessore e aveva un nome proprio: la wahaika è un tipo distinto di patu, portato quotidianamente alla cintura, il cui termine significa "bocca di pesce". Queste armi erano tramandate di generazione in generazione come cimeli di famiglia.
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Installazione collezioni First Nations, Sud Dakota
ambiente
2004 - 2004 - XXI
L’installazione è nata dal dialogo tra il progettista e designer del museo Massimo Chiappetta e Gerald Mac Master, artista Cree delle Pianure del Canada. Gerald ha accettato l'invito a interpretare le collezioni del museo provenienti dal suo popolo e presenti a Genova dal 1892. I pezzi vengono dalle Missioni Cattoliche Americane per le celebrazioni colombiane del secolo scorso e donate alla città alla conclusione. L'allestimento porta al mondo femminile ed infantile di alcune popolazioni del Sud Dakota, i cui manufatti sono però adagiati su un letto di polvere di marmo, come segno di omaggio a popoli che abbiamo sterminato con l’alcool, le malattie, i fucili e l’avidità di materie prime e territori da conquistare per il nostro bene. Incorporare la voce indigena nella trasmissione delle collezioni, affiancando più voci e più prospettive per noi è stato fondamentale per ampliarne sia la visione sia l’interpretazione.
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Cristo in Croce
Mario Marini Montesoro 1957 Genova - donazione
ambito peruviano
Scuola di Cuzco
dipinto
1601 - 1800 - XVII-XVIII
C.I.C. 96
Unità di misura: cm; Altezza: 143; Larghezza: 105.6
Perù, Cuzco
Olio e oro zecchino su tela
Questo dipinto testimonia l’interesse dei pittori indigeni peruviani suscitato dalla pittura su tela, su influenza europea e specificatamente spagnola. Con l'arrivo dei Conquistadores spagnoli nel XVI secolo anche nuove forme di espressione artistica fanno il loro ingresso in Perù, e sotto l’influenza dei maestri di origine europea nasce la Scuola del Cuzco, dove gli Incas avevano la loro capitale. Dopo la caduta dell’Impero incaico per mano dei Conquistadores, nei secoli successivi si sviluppa in Perù un’arte creolizzata, in cui elementi indigeni si combinano con elementi di matrice europea. In questa scia si pone questa tela secentesca, in cui la ricca presenza di oro zecchino dona luce e calore e tradisce l'influenza spagnola L’artista si è cimentato con un tema che ha plasmato non solo la fede cristiana ma l’intera cultura occidentale, di cui da quel momento è entrato a far parte. Olio su tela raffigurante Cristo crocifisso vestito con perizonium in pizzo e circondato da vasi di fiori e candelabri.
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Collana di denti di capodoglio
Enrico A. D'Albertis 1932
collana
XIX - 1851 - 1900
C.D.A.1083
Tipo di misura: altezzaxlunghezza; Unità di misura: cm; Valore: 13x35
Fiji
La struttura della collana è costituita da un fascio di fibre vegetali intrecciate e da denti di capodoglio tagliati longitudinalmente e poi lavorati.
Funzione rituale e ornamentale
Ornamento di grande valore indossato da capi e uomini di rango, non solo nelle Fiji ma anche a Tonga e Samoa. La collana è costituita da un fascio di cordini in fibra vegetale intrecciati in cui sono infilati, attraverso i fori passanti, ventidue denti di capodoglio (Physeter macrocephalus) levigati a forma di zanne. Ogni dente è fermato e distanziato da quello successivo da un nodo di fibra vegetale. Come altri ornamenti realizzati con denti di cetacei, le collane wāsekaseka o wāseisei erano destinate ai capi e gli uomini di rango delle Fiji. La produzione di questo ornamento si sviluppò a Tonga nei primi anni dell’Ottocento probabilmente grazie all’introduzione di utensili di metallo e a un incremento nell’approvvigionamento dei denti di capodoglio: l'avorio veniva importato e non proveniva più solamente dagli esemplari spiaggiati. L'avorio di capodoglio sostituì le meno raffinate collane vuasagale del periodo precedente, composte di denti di altri cetacei, come il globicefalo (Globicephala macrorhyncus) o la pseudorca (Pseudorca crassidens).
Sede:
Comune di Genova - Palazzo Tursi
Via Garibaldi 9 - 16124 Genova
C.F. / P.iva 00856930102