Bernardo Strozzi, La cuoca

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Titolo dell'opera:

La cuoca

Acquisizione:

Maria Brignole-Sale De Ferrari 1874 Genova - donazione

Autore:

Strozzi, Bernardo detto il Cappuccino

Tipologia:

dipinto

Epoca:

1625 - 1625 - sec. XVII

Inventario:

PR 20

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 176; Larghezza: 185

Tecnica:

olio su tela

Ultimi prestiti:

Pittori genovesi a Genova nel '600 e nel '700 - Genova - 1969
Bernardo Strozzi - Genova - 1995
La cucina italiana. Cuoche a confronto - Genova - 2015

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Descrizione:

Certamente una delle opere più conosciute dei Musei di Strada Nuova e della stessa pittura genovese del XVII secolo, questa tela, internazionalmente conosciuta come “La cuoca” dello Strozzi, ritrae piuttosto una sguàttera intenta a spennare un’oca tra polli e piccioni, con un tacchino appeso alle sue spalle, nella cucina di una dimora aristocratica genovese del Seicento. Presso le famiglie della nobiltà locale, infatti, il mestiere di cuoco era all’epoca riservato esclusivamente agli uomini, mentre le donne potevano solo occuparsi di mansioni più umili, come appunto spennare il pollame; che si tratti di una dimora aristocratica, d’altra parte, è certo, vista la presenza in primo piano di una ricca stagnara in argento sbalzato, con elaborato manico raffigurante un’erma femminile. Il quadro è menzionato per la prima volta nell’inventario del 1683-84 di Gio. Francesco I Brignole Sale, committente della dimora di Palazzo Rosso; dal secondo decennio del Settecento, invece, e almeno fino al 1774, l’opera è sempre ricordata – in inventari e guide - nella villa di famiglia sulla collina di Albaro (attuale Istituto Marcelline): è molto probabile che questa collocazione di minor prestigio sia stata motivata dal soggetto di immediata quotidianità del dipinto, giudicato probabilmente non confacente al decoro del palazzo di città, la cui quadreria si era andata arricchendo, tra fine Seicento e inizio Settecento, di tele di soggetto storico o di iconografia sacra. L’opera dello Strozzi - denominato nei documenti dell’epoca ‘il Cappuccino’ perché entrato come frate nell’Ordine all’età di diciassette anni – è una mirabile sintesi delle diverse influenze che nei primi decenni del Seicento costituivano il tessuto della pittura locale: da un lato la moda fiamminga per le rappresentazioni di ‘cucine’, ‘mercati’, ‘dispense’, che aveva trovato esempi, già alla metà del Cinquecento, in dipinti di pittori come Aertsen e Beuckelaer, documentati nelle collezioni delle famiglie genovesi (due tavole di questi artisti sono ora a Palazzo Bianco); dall’altro la nuova attenzione per il genere della ‘nature morta’, a motivo della presenza in città di pittori, ancora provenienti dalle Fiandre, come Jan Roos o Giacomo Liegi; in ultimo, il primo affermarsi di quel naturalismo di matrice caravaggesca che costituiva l’altro polo di aggiornamento della scuola locale. Questa tela, databile al 1625 ca., è esempio delle qualità migliori del pittore: pennellata materica, “gustoso e soave…manipolar delle tinte”, “coloriti pastosi e robusti”, come scrivono le fonti. Dal punto di vista iconografico, è chiara la volontà di misurarsi con la rappresentazione di soggetti popolari, mostrando un’adesione alla realtà ancora sconosciuta ai pittori genovesi, e singolare se si considera questa scelta da parte di un religioso; non è escluso, tuttavia, che al di là di questo significato immediato possano celarsi nel dipinto altri contenuti simbolici, forse – come è stato proposto - un’allegoria dei quattro elementi, cui alluderebbero i volatili, per “l’aria”, l’elaborata stagnara, per “l’acqua”, la ‘cuoca’, per “la terra”, e “il fuoco”, che il pittore dipinge con grande maestria nel suo crepitare sotto il paiolo. Boccardo (La cucina italiana. Cuoche a confronto, 2015) ipotizza che il committente dell'opera fosse stato Gio. Carlo Doria alla fine del 1625; morto il committente quello stesso anno, la tela sarebbe poi entrata nelle raccolte Brignole-Sale. Il dipinto rappresenta una cuoca mentre spenna alcuni animali.

San Paolo

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Bernardo Strozzi, detto il Cappuccino (Campo Ligure o Genova, 1582 - Venezia, 1644)

Tecnica e misure:

Olio su tela, cm. 55 x 42

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Anche questa tela, così come L’incredulità di San Tommaso e Il pifferaio, si colloca cronologicamente agli inizi degli anni venti del Seicento, decennio che corrisponde alla maturità di Strozzi e al suo periodo genovese più fecondo. La sua pittura grassa, morbida nella materia, fluida nella stesura, memore della lezione caravaggesca, ha ormai un’evidenza tale da far emergere i volumi, come in questo caso, contro un fondale indistinto.
L’opera, dalle gamme cromatiche accese, testimonia un più marcato influsso delle opere dei maestri fiamminghi, presenti allora in gran numero a Genova: nel volto del santo-apostolo non è difficile scorgere l’ammirata conoscenza di Rubens.
San Paolo è rappresentato con nella destra l’elsa di una spada poiché con tale arma fu decapitato.
 

Madonna col Bambino e San Giovannino, (circa 1620)

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Titolo dell'opera:

Madonna col Bambino e San Giovannino

Acquisizione:

Brignole-Sale De Ferrari Maria 1874 Genova - donazione

Autore:

Strozzi, Bernardo

Tipologia:

dipinto

Epoca:

1615 - 1620 - sec. XVII

Inventario:

PR 106

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 158; Larghezza: 126

Tecnica:

olio su tela

Ultimi prestiti:

Bernardo Strozzi - Genova - 1995

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Descrizione:

Il dipinto, documentato a Palazzo Rosso per la prima volta nel catalogo manoscritto del 1748, costituisce un 'opera giovanile di Bernardo Strozzi, precedente la sua partenza per Venezia. Una forte impronta lombardo-caravaggesca è riscontrabile nel forte chiaroscuro della composizione, nella cesta di frutta posta in alto a sinistra, nel secondo piano, e nell'attenzione ai particolari della vita quotidiana, di derivazione nordica. Il volto quasi "comune" di Maria e la posa scomposta della sua figura, con il piede appoggiato sulla cesta da lavoro, spinsero Federico Alizeri a descriverla come una "rappresentanza ignobile", fatta di "sembiante ed atti volgari" (Alizeri 1847), pur non potendo non riconoscerne allo stesso tempo l'"effetto di chiaroscuro che abbaglia", e le "carni tutte vere palpabili, di gran tono in ogni panno e accessorio". Le indagini riflettografiche hanno evidenziato due pentimenti: lo Strozzi aveva rappresentato anche il piede destro della Madonna e il tavolo su cui è appoggiato il cesto di frutta era coperto da un tappeto "Holbein", di cui si legge chiaramente il disegno. (Serra in "Musei di Strada Nuova" 2010, p. 38) Il dipinto rappresenta la Madonna con Gesù Bambino e San Giovannino.

Incredulità di San Tommaso

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Bernardo Strozzi, detto il Cappuccino (Campo Ligure o Genova, 1582 - Venezia, 1644)

Tecnica e misure:

Olio su tela, cm. 101 x 97,5

L’incredulità di Palazzo Rosso è certamente prodotto maturo, impostato su un deciso colorismo, apprezzato già dal Settecento. Le parole che l’evangelista fa rivolgere da Cristo al discepolo incredulo sono sottolineate ed enfatizzate attraverso il gesto della mano che, pur con una certa delicatezza, avvicina al proprio costato quella di Tommaso, fino a fargli inserire l’indice fra i lembi della ferita. Non si tratta tuttavia di una novità perché la stessa scelta, e con maggiore forza, aveva già fatto Caravaggio in una tela, già nella collezione di Vincenzo Giustiniani e oggi dispersa, che Strozzi può aver conosciuto attraverso la copia allora posseduta da Orazio Di Negro.
Tale ipotesi, piuttosto che posticipare l’esecuzione del dipinto ad un pur credibile viaggio a Roma dell’artista, accrediterebbe una datazione dell’opera ai primi anni Venti del Seicento, accettando nello stesso tempo il fatto che certe levigatezze di contenuti attestino già l’influsso di Van Dyck.
Il dipinto, acquistato nel 1672 da Giuseppe Maria Durazzo, ereditato nel 1717 da Gio.Francesco II Brignole-Sale, passò quindi sempre per via ereditaria alla Duchessa di Galliera.
 

San Francesco abbracciato al Crocifisso

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Bernardo Strozzi, detto il Cappuccino (Campo Ligure o Genova, 1582 - Venezia, 1644)

Tecnica e misure:

Olio su tela, cm. 95 x 76

Madonna col Bambino, S. Anna e S. Giovannino

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Luca Cambiaso (Moneglia, 1527 – San Lorenzo de El Escorial, 1585)

Tecnica e misure:

Olio su tela, cm. 147 x 112

Deposizione

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Luca Cambiaso (Moneglia, 1527 – San Lorenzo de El Escorial, 1585)

Tecnica e misure:

Olio su tela, cm. 147 x 113

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San Francesco in adorazione del Crocifisso

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Bernardo Strozzi, detto il Cappuccino (Campo Ligure o Genova, 1582 - Venezia, 1644)

Tecnica e misure:

Olio su tela, cm. 125 x 86,5

Uno dei temi prediletti del Cappuccino fu l’immagine di San Francesco, colto in atteggiamenti meditativi, estatici o di preghiera, tanto che Palazzo Rosso ne possiede ben due: San Francesco appoggiato alla Croce e San Francesco in adorazione del Crocifisso, pervenuti alla collezione dei Brignole nel corso del Settecento da due diverse quadrerie Durazzo.
I soggetti di questo genere, anche in ragione della tradizione storiografica in proposito, vengono di solito posti in relazione agli anni trascorsi dall’artista in convento, anche se il San Francesco in estasi sembra più credibilmente riferibile ad una data più tarda. Bisogna ricordare che i temi sui quali l’ordine cappuccino insisteva particolarmente erano l’unione con Dio, la passione di Cristo, la devozione della Vergine e l’estasi, considerata l’aspetto più importante della santità. E’ l’adesione empatica che parte dai personaggi a dare loro evidenza visiva e a comporre la tensione sentimentale che regola lo spazio e fa diretto partecipe l’osservatore.

Clorinda libera Olindo e Sofronia dal rogo, (1646)

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Mattia Preti, detto Cavalier calabrese (Taverna, 1613 - La Valletta, 1699)

Tecnica e misure:

Olio su tela, cm. 248 x 245

L’episodio raffigurato da Mattia Preti in questo grande dipinto è tratto dal secondo canto della Gerusalemme liberata, in cui Torquato Tasso racconta di Olindo e Sofronia, che al fine di evitare la carneficina di cristiani, minacciata da Aladino per un furto sacrilego nella moschea di Gerusalemme, in una generosa gara, motivata dall’amore reciproco, si autoaccusavano tentando a un tempo di scagionare l’amato e la comunità cristiana. Furono pertanto condannati entrambi al rogo ed erano già legati per il supplizio quando intervenne Clorinda, famosa eroina e guerriera persiana, appena giunta a Gerusalemme per partecipare alla resistenza musulmana che, vedendo il coraggio e supponendo l’innocenza dei due amanti, convinse Aladino a liberarli, offrendogli, in cambio, i suoi servigi in battaglia.
Preti non mette in risalto tanto le figure dei protagonisti, che sono relegati, seppur in primo piano, ai margini della scena, quanto la partecipazione della folla a questo evento, dandone un’interpretazione corale, che ben si addice alla resa del poema eroico in cui ogni azione è vista nell’ottica del bene comune.
Committente del dipinto fu il cardinale Gian Battista Pallotta, che lo volle come pendant di un quadro con Damone e Pizia, altro emblematico esempio di eroica amicizia, di Guercino, nel 1646.
In questi anni Mattia Preti era a Roma e gli influssi neoveneti che si riscontrano nella tela, soprattutto nella capacità veronesiana di creare ampi spazi prospettici, sono filtrati e arricchiti da una vena larga e movimentata, con accenti drammatici, smorzati dalla conoscenza del classicismo emiliano di Guercino.
 

La Carità cristiana

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Bernardo Strozzi, detto il Cappuccino (Campo Ligure o Genova, 1582 - Venezia, 1644)

Tecnica e misure:

Olio su tela, cm. 122 x 94

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Questa tela fu venduta nel 1728 a Gio.Francesco II Brignole-Sale da Pier Francesco Centurione Oltremarini, nipote di quel Filippo che commissionò a Bernardo Strozzi gli affreschi della sua villa di Sampierdarena e, forse, altre opere. E’ probabile che, già al momento del suo ingresso nella collezione Brignole-Sale in Palazzo Rosso, la tela sia stata molto ingrandita per fungere da sovrapposta nella stanza detta della Gioventù in cimento.
Abbandonata nel secondo dopoguerra la tradizionale disposizione a quadreria delle opere, il dipinto fu riportato alle dimensioni originali. L’ultimo restauro pittorico ha restituito la gamma cromatica originale, contraddistinta, almeno nelle vesti azzurre e verdi della donna, da colori freddi e asprigni, mentre più leggibile è risultato l’abile uso del pennello nel dare rapido corpo ai panneggi.
Esistono altre due redazioni della Carità cristiana, una conservata al Virginia Museum of Fine Arts, l’altra in collezione privata genovese, di cui quella di Palazzo Rosso può considerarsi il prototipo. Tutte in ogni caso ispirate ad una tarda opera di Luca Cambiaso, oggi agli Staatliche Museen di Berlino, che già presentava la personificazione della terza Virtù Teologale in termini assai prossimi a quelli di lì a poco codificati dal Ripa (1603).
Discussa è la datazione dell’opera; la più credibile sembra, comunque, porsi intorno alla metà del secondo decennio del Seicento, quando le componenti culturali toscane dello Strozzi si arricchiscono delle suggestioni lombarde.

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