Orologio notturno (Databile 1655 - 1665)

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Giacinto Brandi (Roma, 1621–1691)

Legno ebanizzato con intarsio di marmi e pietre policromi: diaspro di Sicilia, ametista, lapislazzolo, corniola, alabastro; bronzo dorato; mostra in rame dipinto. 
Databile 1655 - 1665.

Ritratto virile (un magistrato?)

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Ritratto virile (un magistrato?)

Tecnica e misure:

Olio su tela, cm. 155 x 131

Ritratto di dama con maschera

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Jacop Ferdinand Voet (Anversa, 1639 - Parigi, 1689)

Tecnica e misure:

Olio su tela, cm. 129 x 97

Riposo nella fuga in Egitto

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Carlo Maratta (Camerano, 1625 - Roma, 1713)

Tecnica e misure:

Olio su tela, cm. 120,5 x 95

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Noli me tangere

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Francesco Albani (Bologna, 1578-1660)

Tecnica e misure:

Olio su tela, cm. 32,5 x 41

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Madonna col Bambino (il Moretto)

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Alessandro Bonvicino, detto il Moretto (Brescia, 1498-1554)

Tecnica e misure:

Olio su tela, cm. 63 x 69

Cristo nell’orto

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Carlo Dolci (Firenze, 1616 - 1686)

Tecnica e misure:

Olio su rame, cm. 40 x 30

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Questo piccolo dipinto su rame fu realizzato nel 1643. L’artista iniziò la sua carriera come ritrattista alla corte dei Medici per dedicarsi, in seguito, totalmente alla pittura devozionale. Il dipinto, autografo, rivela una chiara matrice penitenziale. Quando la duchessa di Galliera donò Palazzo Rosso al Comune nel 1874, volle trattenere il prezioso rame per sé, e lo portò nella sua residenza parigina.

Dedalo e Icaro (circa 1645)

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Andrea Sacchi (Nettuno, 1599 - Roma, 1661)

Tecnica e misure:

Olio su tela, cm. 147 x 117

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Andrea Sacchi, personalità di spicco nel panorama artistico della Roma seicentesca, allievo del Cavalier d’Arpino e di Albani, aderì da protagonista alla corrente classicista che si opponeva alla ridondanza del barocco allora imperante, considerandolo eccessivamente enfatico.
Il dipinto di Palazzo Rosso ben testimonia questo atteggiamento stilistico per cui le figure dei due uomini che occupano la composizione completamente, con composta imponenza, sono definite da una fonte luminosa che scolpisce le proporzioni ben calibrate dei loro corpi, così da richiamare la statuaria classica. Il dipinto si colloca, infatti, cronologicamente, intorno agli anni quaranta del Seicento, quando nell’opera del pittore si evidenzia quella tendenza classicista che lo opporrà polemicamente alla barocca esuberanza di Pietro da Cortona. Il soggetto, replicato più volte dall’artista, è tratto dalle Metamorfosi di Ovidio in cui Dedalo, padre di Icaro e creatore del labirinto dove venne imprigionato ilMinotauro, per fuggire dall’isola di Creta, indossa ali realizzate con penne e cera. L’iconografia di questo noto episodio più frequentemente propone il momento della caduta di Icaro da leggersi, secondo le versioni moralizzate del testo di Ovidio, come monito rivolto ai giovani che “per lo pazzo ardire loro cascano da altissimo honore in uno bassisimo disonore”. Qui, al contrario, Sacchi coglie un altro momento del mito, in cui il padre cerca di istruire il figlio sulla tecnica del volo e, con cura amorosa, con mani tremanti e con occhi umidi di lacrime, gli adatta le ali alle giovani spalle, mettendo in evidenza l’unione fra padre e figlio, volta a sollecitare un rapporto di affetto e guida.
La tela proviene probabilmente dalla collezione Barberini a Roma, dove è ricordata nel 1671.

Paesaggio della campagna romana

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Gaspard Dughet (Roma, 1615-1675)

Tecnica e misure:

Olio su tela, cm. 90 x 71

Imbarco di una regina

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Agostino Tassi (Perugia, 1580 - Roma, 1644)

Tecnica e misure:

Olio su tela, cm. 73 x 97

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Formatosi tra Roma e Firenze, Agostino Tassi si specializzò nella pittura di paesaggio e, soprattutto, di architetture, lavorando anche a Genova nel 1610, prima del definitivo ritorno a Roma. Non vi sono elementi, però, per collegare l’esecuzione di questa tela al soggiorno genovese dell’artista, durante il quale in effetti si segnalò solo per decorazioni a fresco per altro oggi non più riscontrabili, anche perché del tutto incerta è l’identificazione di un soggetto siffatto nei più antichi inventari della collezione Brignole - Sale.
In effetti l’estraneità del dipinto al contesto genovese sembra dimostrata anche dalla fantasiosa lettura del soggetto – per altro non facile – e dalle attribuzioni all’ambito veneto fatte nel corso del XIX secolo. Mentre la mano di Tassi, riconoscibile in tutti i dettagli – nelle figure, nelle imbarcazioni e nelle monumentali architetture –, è invece facilmente identificabile, per ciò che riguarda l’episodio illustrato, sulla base di altri dipinti dello stesso artista si possono presentare come alternativi anche i titoli di Imbarco di sant’Elena, forse preferibile in ragione dell’antica attestazione, e di Imbarco della regina di Saba, ma la mancanza di elementi atti a riconoscere con sicurezza la protagonista ha indotto a scegliere un’indicazione più generica.
L’esecuzione di questa tela è stata riferita al 1617 circa, ovvero al momento cui sono ricondotti anche altri soggetti tasseschi in cui episodi del tutto analoghi a quello qui raffigurato sono ambientati tra monumentali architetture.

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