Cristo della moneta (circa 1625)

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Titolo dell'opera:

Il Cristo della moneta

Acquisizione:

Maria Brignole-Sale De Ferrari 1889 Genova - legato

Autore:

Van Dyck, Antoon

Tipologia:

dipinto

Epoca:

1624 - 1625 - sec. XVII

Inventario:

PB 191

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 142; Larghezza: 119

Tecnica:

olio su tela

Ultimi prestiti:

Mostra d'arte antica aperta nelle sale del Palazzo Bianco - Genova - 1892
Cento opere di Van Dyck - Genova - 1955
Anthony Van Dyck - Washington - 1990
Van Dyck a Genova. Grande pittura e collezionismo - Genova - 1997

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Descrizione:

Il dipinto, databile intorno al 1625, risulta una reinterpretazione di una tela di analogo soggetto dipinta da Tiziano per Filippo II di Spagna, ora conservata alla National Gallery di Londra. Quest'ultima doveva essere nota all'artista probabilmente attraverso un'incisione di Martino Rota, come conferma il fatto che la composizione concepita da Van Dyck riprenda quella tizianesca in controparte, vale a dire ribaltandola "a specchio". Soggetto dell'opera è l'episodio evangelico in cui i farisei cercano di convincere Gesù a prendere posizione sulla controversa questione delle tasse e del riconoscimento dell'autorità politica di Roma. Interrogato sulla liceità del tributo a Cesare, Gesù chiese gli fosse mostrata una moneta e, indicando l'effigie dell'imperatore impressa su di essa, pronunciò la frase "date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio", invitando a fare distinzione tra ciò che appartiene all'imperatore e ciò che appartiene a Dio. (Besta 2010, p. 76) Il dipinto rappresenta Cristo mentre dialoga con due persone.

Ritratto di giovane di casa Spinola

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Titolo dell'opera:

Ritratto di un gentiluomo della famiglia Spinola

Acquisizione:

Maria Brignole-Sale De Ferrari 1874 Genova - donazione

Autore/ Manifattura/ Epoca:

Antoon Van Dyck (Anversa, 1599 - Londra, 1641)

Tipologia:

dipinto

Epoca:

1621 - 1622 - sec. XVII

Inventario:

PR 115

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 241; Larghezza: 148

Tecnica:

olio su tela

Ultimi prestiti:

La bella Italia - Torino - 2011-2012
Anversa et Genova: un sommet dans la peinture baroque - Anversa - 2003
Van Dyck a Genova - Genova - 1997
Cento opere di Van Dyck - Genova - 1955

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Descrizione:

Sebbene in passato sia stato attribuito a Rubens (Zeri 1955), il dipinto è oggi concordemente ritenuto opera dei primi anni del soggiorno genovese di Antoon van Dyck, anche grazie al restauro del 1997, che ha permesso di evidenziare la tecnica pittorica utilizzata. L'effigiato, abbigliato alla moda spagnola dei primi decenni del Seicento, appartiene sicuramente alla famiglia Spinola, come testimonia lo stemma visibile sulla balaustra alle spalle del soggetto. Nel 2012 Tordella ha identificato il soggetto con Filippo Spinola, terzo conte di Tassarolo, a partire da un ritratto a disegno di Ottavio Leoni all'incirca degli stessi anni (1623-1624; Tordella 2012 in "Storia dell'Arte", 132). Nel 1728 il dipinto fu acquistato da Gio. Francesco II per Palazzo Rosso, dove si trova tuttora. Prima di quella data, è noto che l’opera si trovasse nella collezione di Cristoforo Lercari (Boccardo in Anversa 2003, p. 80). La conformazione dell'elaborata colonna tortile alle spalle dell'effigiato si ispira credibilmente a quella dipinta da Rubens nel 1620 nel ritratto di Aletheia Talbot, contessa d'Arundel; tuttavia, il sopracitato restauro ha altresì messo in luce che, in una prima stesura, l'artista aveva concepito una colonna più semplice, di forma cilindrica, molto simile a quella delineata nel disegno conservato all'Albertina di Vienna, che, di conseguenza, è stato ritenuto possibilmente preparatorio per il presente dipinto (Boccardo in Anversa 2003, p. 80). Ritratto a figura intera di gentiluomo.

Ritratto del gioielliere Pucci con il figlio

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Titolo dell'opera:

Ritratto del gioielliere Giacomo Pucci con il figlio Alberto

Acquisizione:

Maria Brignole-Sale De Ferrari 1874 Genova - donazione

Autore/ Manifattura/ Epoca:

Antoon Van Dyck (Anversa, 1599 - Londra, 1641)

Tipologia:

dipinto

Epoca:

1626 - 1627 - XVII

Inventario:

PR 50

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 125; Larghezza: 100

Tecnica:

olio su tela

Ultimi prestiti:

Cento opere di Van Dyck - Genova - 1955
Il tempo di Rubens. Da Anversa a Genova. Opere del seicento fiammingo. - Genova - 1987
Van Dyck a Genova. Grande pittura e collezionismo. - Genova - 1997

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Descrizione:

Il dipinto fa parte della quadreria Brignole-Sale da prima del 1684, anno di redazione dell’inventario dei beni di Gio. Francesco I, nel quale è citato come “Ritratto del gioielliere Pucci e suo figlio di Antonio Vandick”. L’autografia vandyckiana è stata in passato messa in dubbio da Barnes (2004), ma è del tutto plausibile che negli ultimi anni del suo soggiorno genovese, periodo in cui venne realizzata la tela in esame, l’artista si avvalse di collaboratori per condurre a termine le numerose committenze. Il soggetto del ritratto corrisponde a quel “Giacomo Puchi” che partecipò alla “callega”, ossia all’asta pubblica dei beni di Costantino Pinelli, deceduto nell’agosto del 1622, comprando alcuni oggetti in oro e in argento, collegabili al suo mestiere di gioielliere. Accanto a lui compare suo figlio, identificabile con Alberto Pucci, nato il 9 luglio del 1623 e battezzato nella basilica di Nostra Signora delle Vigne, il quartiere degli orafi. (Santamaria in Genova 2018, p. 204) Ritratto di Giacomo Pucci seduto, alla sua destra suo figlio Alberto.

Madonna col Bambino dormiente ed Angeli

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Madonna col Bambino dormiente ed Angeli

Tecnica e misure:

Olio su tela, cm. 98 x 84

Fermatosi nella bottega di Giovanni Andrea De Ferrari, Bernardo Carbone ebbe successo soprattutto come ritrattista, epigono di Anton Van Dyck, rifacendosi ai modelli del grande maestro. A Palazzo Rosso egli è rappresentato con un dipinto che si discosta dal genere per cui questo artista fu maggiormente apprezzato.
L’opera, inizialmente attribuita a Valerio Castello, è stata successivamente ritenuta del Carbone. Nelle fattezze del Bambino e nell’atteggiamento della Madonna, la critica ha colto una derivazione dalla Madonna col Bambino di Anton Van Dyck, attualmente conservato a Parigi, in collezione privata.

Natività

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Giovanni Benedetto Castiglione, detto il Grechetto (Genova, 1609 - Mantova, 1664)

Tecnica e misure:

Olio su tela, cm. 65 x 56,5

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La separazione di Abramo da Lot

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Sinibaldo Scorza (Voltaggio, 1589 - Genova, 1631)

Tecnica e misure:

Olio su tela, cm. 76 x 98

Esodo biblico detto "Fuga di pecore"

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Giovanni Benedetto Castiglione, detto il Grechetto (Genova, 1609 - Mantova, 1664)

Tecnica e misure:

Olio su tela, cm. 22 (diametro)

Il sacrificio di Noè dopo il Diluvio

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Sinibaldo Scorza (Voltaggio, 1589 - Genova, 1631)

Tecnica e misure:

Olio su tela, cm. 76 x 101

Lo stile di Giovanni Battista Paggi e i soggetti degli artisti nordici attivi a Genova sono alla base anche della cultura figurativa di Giovanni Benedetto Castiglione, detto, per ragioni non del tutto chiarite, il Grechetto. La cronologia della produzione del Castiglione, uno tra i pittori più noti della scuola genovese, non è stata ancora accertata, tanto che le sue tele risultano diversamente datate dagli studiosi.
L’Esodo biblico detto "Fuga di pecore" si pensa possa attribuirsi alla prima maturità dell’artista, soprattutto per l’affollarsi degli animali in primo piano, ricordo per impostazione e per tema delle opere di Sinibaldo Scorza e di Jan Roos. La tela ha un po’ sofferto nel passato per qualche pulitura eccessiva, ma rimane ugualmente mirabile la dettagliata rappresentazione degli animali diretti verso sinistra dove, sullo sfondo, Noè addita l’alta sagoma dell’arca.

Due piccioni con un tordo

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Sinibaldo Scorza (Voltaggio, 1589 - Genova, 1631)

Tecnica e misure:

Olio su tela, diametro cm. 21

Assolutamente vicino a certo naturalismo di area lombarda, questo tondo raffigurante due piccioni e un tordo accovacciati è un capolavoro del pittore di Voltaggio Sinibaldo Scorza, genovese di adozione, nato sullo scorcio del Cinquecento e attivo in città nei primi tre decenni del secolo successivo. Molto richiesti, a giudicare dagli inventari delle quadrerie della nobiltà della Repubblica, furono i suoi dipinti, nei quali l’artista raffigurava, con attento studio dal vero, ogni genere di animali, talora inseriti in composizioni mitologiche o religiose, ma spesso scelti come unico soggetto delle sue rappresentazioni.
A distinguere quest’opera, e molte dello Scorza, dai modi della pittura “di genere” fiamminga che negli stessi anni andava diffondendosi presso la committenza genovese è innanzitutto la predilezione per una natura “viva”, lontana, negli intenti e nei modi, dalle composizioni di fiori o di frutta, le cosiddette “nature morte”, della pittura nordica; in secondo luogo si evidenzia nell’opera del pittore di Voltaggio una concreta vicinanza alla realtà, che – proprio come nella pittura lombarda – porta talora all’uso di cromie spente, dai bruni smorzati, bilanciati in sfumature sottili e sempre verificati sul vero.
È il caso del tondino dei Musei di Strada Nuova, nel quale i tre volatili sono dipinti con precisione quasi “fotografica” da pennellate di assoluto mimetismo, sottili e accurate, che sottolineano anche i più delicati trapassi chiaroscurali nei marroni, nei grigi, nei bianchi. Lo Scorza mostra in questa piccola tela la stessa peculiare sensibilità nel trattare soggetti naturali che rivela nella sua attività grafica, in disegni di immediato realismo, talora da lui stesso tradotti successivamente in incisione.
 

Pifferaio

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Titolo dell'opera:

Pifferaio

Acquisizione:

Maria Brignole-Sale De Ferrari 1874 Genova - donazione

Autore/ Manifattura/ Epoca:

Bernardo Strozzi, detto il Cappuccino (Campo Ligure o Genova, 1582 - Venezia, 1644)

Tipologia:

dipinto

Epoca:

1624 - 1625 - sec. XVII

Inventario:

PR 56

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 73; Larghezza: 61

Tecnica:

olio su tela

Ultimi prestiti:

Anversa et Genova: un sommet dans la peinture baroque - Anversa - 2003
Bernardo Strozzi - Genova - 1995

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Descrizione:

Il dipinto è documentato a Palazzo Rosso dal 1684 fra i beni di Gio. Francesco I Brignole-Sale. È possibile, tuttavia, che il quadro facesse parte della collezione della casata già dal tempo di Gio. Francesco Brignole (1582-1637), considerati gli interessi artistici di quest'ultimo, coerenti con opere di questo tipo. L'analisi riflettografica ha messo in luce come il piffero, inizialmente, fosse più corto rispetto alla versione definitiva, scelta per dare maggiore profondità alla composizione. Da sempre, è la cromia di quest'opera a colpire maggiormente la critica (a partire da Lanzi alla fine del Settecento): questa, insieme al soggetto tipicamente di genere, è da ricondurre all'influsso che la pittura fiamminga ebbe sulla produzione di Strozzi quando questi si trovava ancora a Genova. In particolare, molta presa sul Cappuccino ebbe la pala rubensiana dei "Miracoli di Sant'Ignazio", posta in opera nella chiesa genovese del Gesù nel 1620 (Boccardo 2012). Il dipinto rappresenta il ritratto in primo piano di un uomo mentre sta suonando un piffero.

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