Loggia degli Eroi

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Loggia degli Eroi

Tipologia:

Decorazione a stucco

Tecnica e misure:

Stucchi in calce e polvere di marmo

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Le cinque volte che coprono la Loggia degli Eroi presentano una serie di ottagoni circondati da stucchi finissimi in calce e polvere di marmo, ispirati agli esempi romani delle Logge Vaticane e di Villa Madama.
Le voltine recano le raffigurazioni di episodi di patriottismo della storia romana tra le quali Orazio Coclite sul ponte Sublicio e Marco Curzio che si getta nella voragine
Gli episodi romani delle volte evocano il ruolo di salvatori della patria dei dodici antenati di Andrea Doria affrescati sulla parete nord della Loggia degli Eroi.

Andrea Doria come il dio del mare

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Agnolo di Cosimo, detto il Bronzino (Monticelli di Firenze, 1503 - Firenze, 1572)

Tipologia:

Dipinto

Tecnica e misure:

Olio su tela, 115 x 53 cm

 

Andrea Doria fu immortalato nelle vesti di Nettuno dal Bronzino, che dipinse il ritratto per la collezione di effigi di uomini illustri di Paolo Giovio, personalità di rilievo della cultura del XVI secolo. Del dipinto eseguito per il Giovio, oggi conservato presso la Pinacoteca di Brera a Milano, esiste una seconda versione, oggi visibile nella sala di Perseo. Questo ritratto, che raffigura Andrea Doria come dio del mare, è stato realizzato dallo stesso Bronzino probabilmente tra il 1545 e il 1546. Nella tela, il Doria, raffigurato in nudità eroica, in parte ispirata al David di Michelangelo, è appoggiato all’albero di una nave e impugna un remo nella mano destra. Il volto appare idealizzato rispetto ai reali tratti di Andrea Doria ed è caratterizzato da una lunga barba ondulata, tradizionalmente attribuita a Nettuno.

Ungulati italiani

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Titolo dell'opera:

Ungulati italiani

Autore/ Manifattura/ Epoca:

Ungulati italiani

Epoca:

1914 - 1914

Provenienza (nazione):

Italia

Tecnica:

naturalizzati

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Descrizione:

Al piano terra del museo, la Sala 7 ospita una grande vetrina panoramica dedicata agli Ungulati italiani. Con questo termine si definiscono i mammiferi erbivori provvisti di zoccoli. Gli Ungulati italiani sono qui inseriti in uno spazio che ricrea l’ambiente di vita con un appropriato fondale pittorico: lo scenario montano ospita due robusti stambecchi, un gruppo di camosci delle Alpi e due camosci d’Abruzzo. Al centro, in primo piano, si vede un gruppo familiare di muflone sardo, presente in Sardegna e nel resto della penisola con numerose popolazioni introdotte. Nella radura retrostante sono esposti un gruppo di cervi, due daini e una coppia di caprioli. Ai margini del bosco, un branco di cinghiali, che sempre più spesso vengono avvistati nei centri urbani. Una curiosità: nelle collezioni del Museo è presente un esemplare di camoscio d’Abruzzo proveniente da Barrea (AQ) dove è stato raccolto nel 1892 e scelto per descrivere la nuova sottospecie d’Abruzzo nel 1899.

Tilacino

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Titolo dell'opera:

Tilacino

Autore/ Manifattura/ Epoca:

Tilacino

Epoca:

1914 - 1914

Inventario:

743

Provenienza (nazione):

Australia 1883

Tecnica:

naturalizzato

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Descrizione:

L’esposizione dei mammiferi si conclude nella Sala 10 con una ricca serie di marsupiali: il Tilacino (Thylacinus cynocephalus), chiamato anche Lupo della Tasmania, è il più grosso marsupiale carnivoro dei tempi moderni. Il suo areale di diffusione originario comprendeva Australia, Nuova Guinea e Tasmania. La causa più probabile della scomparsa da Australia e Nuova Guinea è stata la competizione con i cani domestici, poi rinselvatichiti, introdotti dagli aborigeni migliaia di anni fa. Tra gli allevatori della Tasmania veniva considerato un grande predatore di pecore, anche se la cosa era ed è ancora controversa, pertanto è sempre stato sottoposto ad un’intensa caccia. Già dal 1863 era confinato nella parte più inaccessibile del sud dell’isola. Cause concomitanti della sua scomparsa sono state, oltre alla caccia, le malattie introdotte, la modificazione dell’habitat e la competizione con i cani domestici dei coloni. L’ultima cattura certa di un esemplare selvatico risale al 1933; la specie si è estinta in cattività il 7 settembre 1936 nello zoo della città di Hobart; nel 1986 il tilacino è stato ufficialmente dichiarato estinto. L’esemplare esposto, donato al Museo di Genova nel 1883, è uno degli unici tre presenti in Italia e dei circa 80, preparati in atteggiamento naturale, in tutto il mondo.

Ritratto del cane Rolando

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Aurelio Lomi (Pisa, 1556-1622)

Tipologia:

Dipinto

Tecnica e misure:

Olio su tela

 

Il cane Roldano è protagonista di una tela dipinta da Aurelio Lomi, artista pisano attivo a Genova tra il 1597 e il 1604, nella quale un elegante paggio è intento a strigliare l’animale con una spazzola d’argento. Il cane, tradizionale simbolo di fedeltà, acquisisce in questo dipinto un notevole valore simbolico. Roldano fu infatti donato a Giovanni Andrea I dal re Filippo II, in segno di riconoscenza per la lealtà dei Doria alla corona spagnola. Dopo la sua morte, il molosso fu sepolto con grandi onori nel giardino settentrionale della Villa, oggi non più esistente.

Battaglia di Lepanto

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Manifattura fiamminga su disegno di Luca Cambiaso e Lazzaro Calvi

Tipologia:

Tessile

Tecnica e misure:

Arazzo

 

Le pareti del salone del Naufragio di Villa del Principe sono decorate con sei grandi arazzi che raffigurano le vicende legate alla battaglia di Lepanto, evento militare di maggior rilievo del XVI secolo. Nel maggio del 1571 Papa Pio V costituì la Sacra Lega, riunendo le potenze rivali di Genova e Venezia, la Spagna di Filippo II e numerose potenze minori. La Sacra Lega dichiarò guerra ai turchi e il 7 ottobre del 1571 li affrontò nell’epica battaglia di Lepanto che vide la flotta cristiana trionfare su quella turca. Il ciclo di arazzi fu commissionato da Giovanni Andrea I, nipote e successore di Andrea, che partecipò allo scontro di Lepanto. I disegni preparatori per gli arazzi furono realizzati dai pittori Luca Cambiaso e Lazzaro Calvi. Ogni arazzo della serie raffigura una scena della battaglia, a partire dalla partenza della Sacra Lega alla volta di Lepanto sino al ritorno della flotta vittoriosa a Corfù.

Squalo bianco

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Titolo dell'opera:

Squalo bianco

Autore/ Manifattura/ Epoca:

Squalo bianco

Epoca:

1914 - 1914

Inventario:

27517

Provenienza (nazione):

Italia 1866

Tecnica:

naturalizzato

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Descrizione:

Salendo al primo piano, lungo lo scalone, incontriamo un grande squalo bianco (Carcharodon carcharias) pescato nel Golfo di Genova nei primi anni del '900. Il colore è bianco nella parte inferiore del corpo e scuro nella parte superiore, con una linea di separazione netta e frastagliata. Proprio grazie a questa doppia colorazione, lo squalo bianco risulta praticamente invisibile sia dall'alto che dal basso. Visto da sopra, infatti, si mimetizza con le oscure profondità marine mentre dal basso si confonde con la superficie luminosa del mare, consentendogli di adottare diverse strategie di attacco.

Affresco La caduta dei Giganti

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Pietro Bonaccorsi, detto Perin del Vaga (Firenze, 1501 - Roma, 1547)

Tipologia:

Decorazione ad affresco

Tecnica e misure:

Affresco

 

L’affresco che decora la volta del Salone dei Giganti fu realizzato da Perin del Vaga, artista che giocò un ruolo centrale nel contesto dell’intero ciclo decorativo del Palazzo. Il tema raffigurato è quello di Giove che folgora i Giganti ribelli. Secondo il mito greco narrato da Omero, Esiodo ed Apollodoro, i Giganti, nati dalle gocce di sangue di Urano cadute sulla terra, assaltarono l’Olimpo con l’intento di spodestare gli dei. La feroce lotta che ne seguì, detta “Gigantomachia”, fu vinta dagli dei, guidati da Giove. Nell’affresco è raffigurato Giove al centro della schiera degli dei dell’Olimpo nell’atto di scagliare le folgori sui Giganti. Il trionfo di Giove sui Giganti è da interpretare, secondo quanto suggeriscono le fonti del tempo, come un’allegoria del trionfo dell’Imperatore Carlo V sui suoi nemici, in particolare i turchi e i protestanti.

Nell’affresco Perin del Vaga omaggia i grandi maestri conosciuti a Roma, tra cui Raffaello, Michelangelo e Rosso Fiorentino.

Orango

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Titolo dell'opera:

Orango del Borneo

Autore/ Manifattura/ Epoca:

Orango del Borneo

Epoca:

1914 - 1914

Inventario:

110

Provenienza (nazione):

Indonesia 1866

Tecnica:

naturalizzato

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Descrizione:

L’esemplare di orango (Pongo pygmaeus), esposto nella Sala 1, precede la fondazione del Museo; nel 1865 infatti Giacomo Doria, insieme all’amico botanico Odoardo Beccari, era sull’isola di Borneo per effettuare raccolte naturalistiche; nel gennaio dell’anno successivo, per motivi di salute, Doria decise di far ritorno in patria e nel febbraio fece tappa a Singapore dove acquistò due giovani femmine di orango su una nave proveniente da Pontianak (l’attuale capitale della provincia indonesiana di Kalimantan Occidentale); una di queste visse a Genova per qualche tempo ed è proprio l’esemplare esposto in vetrina a fianco del grande maschio. L'Orango del Borneo è classificato nella Lista Rossa dell'IUCN tra gli animali ad altissimo rischio di estinzione "critically endangered” (in pericolo critico); infatti, negli ultimi 60 anni, si è registrato un calo della sua popolazione del 50%. È stato stimato che se non si prendono rapidi e decisi provvedimenti, questo calo proseguirà fino a portare l’Orango all’estinzione! Quali sono le cause della sua scomparsa? La distruzione del suo habitat naturale a causa della conversione della foresta in centri urbani e in zone agricole; gli incendi e il disboscamento selvaggio, dovuto alla sempre maggiore richiesta di legname; il bracconaggio: gli oranghi vengono cacciati sia per essere venduti agli zoo, sia per la loro carne.

Fregilupo

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Titolo dell'opera:

Fregilupo

Autore/ Manifattura/ Epoca:

Fregilupo

Epoca:

1914 - 1914

Inventario:

12194

Tecnica:

naturalizzato

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Descrizione:

Il Fregilupo, originario dell’Isola di Reunion (Oceano Indiano, Arcipelago delle Mascarene), non aveva competitori. Nel 1759, per controllare le invasioni di cavallette nocive alle coltivazioni, fu introdotto lo sturnide indiano Acridotheres tristis (Maina comune). La competizione con il Maina, insieme alla distruzione dell’habitat, ai ratti predatori dei suoi nidi e alla caccia, ha contribuito alla scomparsa del Fregilupo. Gli ultimi esemplari di Storno di Reunion sono scomparsi tra il 1835 e il 1840. Nei musei di tutto il mondo sono conservati solamente 23 esemplari.

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