Ricordi del tour 1981/82

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Ricordi del tour 1981/82

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Memorabilia appartenente a Reinhold Kohl, fotografo e amico di Fabrizio De André, che seguì Faber nel suo tour 1981/82 soprannominato "dell'Indiano" per la foto di copertina dell'album che uscì nel 1981 segnando il ritorno del cantautore genovese sul palco dopo la terribile parentesi del rapimento di cui fu vittima insieme alla moglie Dori Ghezzi.
Sul foglio in esposizione al Museo sono riportate tutte le firme dei musicisti, spicca quella di Fabrizio con la inconfondibile A di anarchia.

 

Faro da palcoscenico di Pepi Morgia

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Faro da palcoscenico di Pepi Morgia

 

Faro da palcoscenico "Arnold & Richter” appartenuto a Pepi Morgia e utilizzato dallo scenografo il cui soprannome era il “principe delle luci” per la sua straordinaria capacità di dare il massimo risalto alle scenografie dei maggiori artisti italiani e internazionali che seguì nel corso di lunghi tour in Italia ed in Europa.
Tra questi Fabrizio De André, Laura Pausini, Claudio Baglioni, Elton John e molti altri.

 

Il "tovagliolo" donato a Pepi Morgia

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Il "tovagliolo" donato a Pepi Morgia

 

Scritto e autografato da Fabrizio De André, meglio conosciuto come il “tovagliolo”, dedicato a Pepi Morgia, l'amico scenografo e tecnico delle luci fin dagli esordi sul palco di Faber, a cui fu donato nel corso di una serata “alcolica” del tour 1981/82 che toccò alcune tappe europee come appunto quella di Vienna.
Pepi, che aveva conservato quel "cadeau" per molti anni, decise di renderlo pubblico nel decennale dalla scomparsa del cantautore con il quale aveva condiviso un lungo percorso.

 

Manifesto del concerto di Fabrizio De André e Pfm

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Manifesto del concerto di Fabrizio De André e Pfm

 

Manifesto originale del concerto di Fabrizio De André e Pfm tenutosi a Genova il 3 gennaio del 1979 presso il Padiglione C della Fiera Internazionale di Genova.
Unica copia esistente in Italia e impreziosita altresì dal timbro dell'affissione comunale.
Ricordo di una memorabile serata genovese di cui è stato recuperato il filmato originale diventato un film “Il concerto ritrovato” per la regia di Walter Veltroni.

 

Grammofono di Riccardo Mannerini

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Grammofono di Riccardo Mannerini

 

Grammofono “Gallorini Oreste” (1920) in legno di ciliegio intarsiato, appartenuto a Riccardo Mannerini, poeta genovese amico di Fabrizio De André con cui il cantautore ebbe un'intensa collaborazione che portò alla realizzazione di album come “Senza orario, senza bandiera” (1967) dei New Trolls e “Tutti morimmo a stento” (1968) in cui la poesia di Mannerini “Eroina” diventa “Il cantico dei drogati”.

 

Pagelle, diplomi e registri scolastici di Fabrizio De André

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Pagelle, diplomi e registri scolastici di Fabrizio De Andrè

 

Pagelle, diplomi, registri scolastici e foto di classe che attestano il percorso di studi compiuto dall'alunno Fabrizio Cristiano De André (Sez. A) presso il Liceo Cristoforo Colombo che frequentò fino alla maturità sostenuta nel 1959 dopo aver riparato in latino, greco e filosofia.

La chitarra di Fabrizio De André

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La chitarra di Fabrizio De André

 

La Esteve '97 di Fabrizio De André, è una delle storiche chitarre appartenute al cantautore genovese e che lo accompagnò nel suo ultimo tour 1997/98.
Realizzata nella piccola fabbrica artigiana di Alboraya (Valencia) che un tempo fu il laboratorio di Francisco Esteve e Manuel Antonio Monfort Adalid, lo strumento arrivò a Genova, in Via del Campo. L'asta, conclusasi il 6 gennaio 2001, valse a Emergency 168 milioni e mezzo delle vecchie lire con i quali fu costruita una corsia dell'Ospedale di Goderich (Sierra Leone) che porta il nome della celebre strada cantata da Faber in una delle sue più celebri canzoni.

 

La vista dalle torri

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La vista dalle torri

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La salita in cima a una delle due torri che fiancheggiano il fornice di Porta Soprana è decisamente impegnativa, ma merita!

Verso Levante si vede la città moderna: Piazza Dante, la cui costruzione ha comportato la demolizione della Chiesa e abbazia di Sant'Andrea, e la Torre di Marcello Piacentini, che, inaugurata nel 1940, è stata uno dei primi grattacieli d’Europa.

Verso Ponente la città medievale si presenta in tutto il suo fascino, con il suo declivio di tetti e campanili che proiettano lo sguardo verso il mare, il porto, la Lanterna, simbolo di Genova.

Proprio di fronte alla torre sud, cioè quella che si trova a sinistra entrando dalla porta, si vede un alto palazzo in mattoni. È la Turris matonorum dei Fieschi, una delle famiglie più potenti in città che aveva costruito il proprio presidio, sottolineando l’importanza di questo accesso alla città. Da lì i Fieschi potevano controllare chi entrava – gli alleati guelfi o i nemici ghibellini - ma, soprattutto, prima di tutti potevano concludere buoni affari con i mercanti provenienti da est, che scendevano per i valichi degli Appennini provenendo dall'area padana di Piacenza e Reggio.

 

 

Le torri

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Le torri

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Le due torri slanciate di Porta Soprana sorvegliano la parte orientale della città da oltre otto secoli. In realtà, torri così alte non avevano una solida valenza difensiva, ma, con la loro imponenza, servivano quasi più da monito per gli eventuali nemici, come nel caso della lapide del 1155 murata presso l’arco della porta che invita il visitatore a portare pace e non guerra.

Le vicende della Porta Soprana, con le sue torri, sono strettamente connesse all'evoluzione urbanistica della zona.
Nel 1892 vi fu un importante intervento di restauro per cui si incaricò Alfredo d'Andrade, un architetto di origine portoghese a lungo attivo in Genova e impegnato nella difesa dei monumenti cittadini.I lavori furono proseguiti dai suoi successori fino al 1935, liberando la struttura originale da tutte le pesanti sovrapposizioni stratificatesi nei secoli e che ne avevano nascosto l’elegante e puro aspetto medievale.

Mura

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Mura

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La prima cinta muraria medievale di Genova risale al IX secolo, nel periodo carolingio.
Sotto la minaccia di un attacco da parte di Federico Barbarossa, fra il 1155 e il 1158, si decise di erigere in tutta fretta le nuove mura. Di queste fanno parte le due imponenti porte superstiti: Porta dei Vacca, a occidente, e Porta Soprana, a Oriente. A differenza delle precedenti, queste proteggevano una più ampia zona, di circa 55 ettari, rispetto ai 20 della città murata carolingia. Ma, in realtà, queste pur possenti mura, con porte, torri e portelli, non servirono. Genova era difesa dalle sue navi che dominavano i mari. Le mura furono, quindi, anche un atto simbolico per una città potente e orgogliosa con cui Federico Barbarossa dovette venire a patti.

 

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