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Domenico Parodi (Genova, 1668-1740)
Olio su tela, cm. 97 x 75
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Domenico Parodi (Genova, 1668-1740)
Olio su tela, cm. 97 x 75
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Gio. Maria Delle Piane, detto il Mulinaretto (Genova, 1660 - Ponticelli d’Ongina, Piacenza, 1745)
Olio su tela, 132 x 97 cm
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Cristo nell'Orto degli Ulivi
A. Samengo 1887 Genova - legato
Magnasco, Alessandro
dipinto
1700 - 1749 - XVIII
PB 1926
olio su tela
El Esplendor de Génova - Bilbao - 2003
Questa piccola opera, di splendida qualità e di un cromatismo abbagliante, è stata interpretata da Di Fabio (Bilabo 2003, p 110) come possibile porta di un reliquiario per l'altare di una chiesa o di una cappella privata. Tuttavia, non si hanno notizie di opere simili realizzate dal "Lissandrino" nel corso della sua carriera a Genova. Il dipinto rappresenta Cristo mentre abbraccia una croce in legno, sopra di lui putti alati che osservano la scena.
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Alessandro Magnasco (Genova, 1667-1749)
Olio su tela, cm. 58 x 44
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Alessandro Magnasco (Genova, 1667-1749)
Olio su tela, cm. 58 x 44
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Il doge Francesco Maria Imperiale
Imperiale Giuseppina 1947 Genova - donazione
Delle Piane, Giovanni Maria detto il Mulinaretto
dipinto
1713 - 1713 - sec. XVIII
PB 444
Unità di misura: cm; Altezza: 296; Larghezza: 224
olio su tela
La figura così sontuosamente ritratta in questo dipinto è quella del nobile Francesco Maria Imperiale, eletto doge della Repubblica di Genova nel settembre del 1711 e qui ritratto nel 1713, nell’ultima fase della sua biennale carica. Il pittore Gio. Maria Delle Piane detto il Mulinaretto si ispira, per l’occasione, al ritratto di Luigi XIV di Francia dipinto da Hyacinthe Rigaud nel 1701, ricalcandone il modello nei particolari dell’ambientazione, nell’aulica atmosfera, nella ricchezza della veste e nella regalità del manto: nell’abito dell’Imperiale predomina il rosso cremisi della marsina, delle calze e delle scarpe, rosso che contrasta con la mozzetta d’ermellino bianco e con il manto drappeggiato in damasco oro e argento. Rispetto all’autorevole modello, la cui conoscenza si era diffusa attraverso incisioni, più affabile e colloquiale appare l’atteggiamento del genovese, che con un gesto indica le insegne del suo potere, trono e corona, mentre un’aquila – che rimanda con evidenza allo stemma di famiglia – gli reca in volo lo scettro; sulla sinistra, la base della colonna reca data e firma del pittore e identifica l’effigiato nel “Genue dux ac Corsice rex”, sottolineando l’ufficialità del ritratto. Certamente Mulinaretto guarda a Rigaud per l’intensa caratterizzazione psicologica del personaggio rappresentato e per il virtuosismo tecnico nella traduzione realistica delle stoffe e degli arredi: si noti la preziosità tattile della drappeggiata tenda dorata sopra il baldacchino, del panno di velluto scuro, quasi cangiante per effetto della luce trascorrente, che ricopre il tavolo sulla destra, e infine della passamaneria con nappe dorate che orna il trono. Una combinazione di elementi simbolici che esprimono, quali metafore collaudate del potere, l’intento di celebrazione personale e dinastica dell’Imperiale, nel momento in cui questi aveva raggiunto la massima carica della Repubblica e il più alto prestigio per sé e per la propria casata. Ritratto a figura intera del doge Francesco Maria Imperiale.
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Alessandro Magnasco (Genova, 1667-1749)
Olio su tela, cm. 146,5 x 121,6
La scena, che riprende l’episodio di Sant’Agostino che incontra su una spiaggia Gesù bambino, è immersa in una bufera di vento che sconvolge la natura e sfrangia le vesti del vecchio santo, figura tornita e tormentata. Nel turbine le figure del santo e del bambino sono gli unici punti fermi. In quest’opera della maturità, eseguita tra il 1730 e il 1740, si rivela la stupefacente padronanza diMagnasco della tecnica di pittura "a tocco", rapida e guizzante. Genovese, ma formato a Milano, Magnasco è in sintonia con le correnti culturali preilluministiche dell’aristocrazia lombarda filo austriaca e privilegia paesaggi con figure e temi inconsueti, lontani dalla raffigurazione del piacere di vivere e della bellezza idealizzata cari al rococò.
Agli inizi del 1900 la tela faceva parte della collezione della famiglia Luxoro (la stessa che avrebbe donato al Comune di Genova la villa di Genova-capolungo con i suoi arredi e le collezioni d’arte, che costituiscono oggi l’omonimo museo), dalla quale passò al signor Gianni Delmonte. In memoria di questi, fu infine donato a Palazzo Bianco dalla cognata, Mila Fissore Dolci, nel 1969
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Alessandro Magnasco (Genova, 1667-1749)
Olio su tela, cm. 113 x 89
Le scene di briganti, soldati pellegrini e zingari forniscono al Magnasco il soggetto per esprimere con libertà e spirito sarcastico la partecipazione alla cultura contemporanea, in contrapposizione con i soggetti prediletti dalla pittura delle correnti rococò che ama raffigurare la bellezza idealizzata e il piacere. Le figure umane si presentano qui inserite in un’ambientazione naturale di vasto respiro compositivo. Già nella raccolta Bertollo di Genova, la tela fu donata da Maria Sanguineti a Palazzo Bianco nel 1939.
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Alessandro Magnasco (Genova, 1667-1749)
Olio su tela, cm. 84 x 72
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Alessandro Magnasco (Genova, 1667-1749)
Olio su tela, cm. 58 x 45
Il piccolo dipinto, unitamente a quello di analogo soggetto esposto accanto, è tipico della produzione di "quadri da gabinetto", di formato ridotto e soggetto curioso, per cui Magnasco fu famoso. Noto anche col nome di Scena zingaresca, giunse nelle collezioni civiche nel 1875 con il legato Assarotti. Attesta la programmatica scelta "antigraziosa" dell’autore e la sua preferenza per soggetti ritenuti volgari, intesi come occasioni di smascheramento e di critica di tutta una società e della sua morale.
Sede:
Comune di Genova - Palazzo Tursi
Via Garibaldi 9 - 16124 Genova
C.F. / P.iva 00856930102