Antoon van Dyck "Cristo spirante"

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Antoon Van Dyck (Anversa, 1599 - Londra, 1641)

Tipologia:

Dipinto

Tecnica e misure:

Olio su tela, 124 x 93 cm

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Quest’opera di tragica grandezza espone Cristo in croce contro un cielo livido, sottolineando la solitudine desolata del dramma della sua esecuzione e morte. Una luce fredda colpisce il corpo nudo e l’ampio drappo barocco che gli avvolge la vita torcendosi come scosso dal vento. Egli è ancora vivo, il volto sofferente, rigato di sangue è rivolto verso il cielo.

Sangue scorre anche dalle ferite dei polsi e dei piedi. Bagliori di luce circondano il capo coronato di spine. Nel cielo si intravede l’eclissi di sole descritta da Luca nel suo Vangelo.

Il paesaggio roccioso e spoglio che circonda la croce perdendosi nell’oscurità del fondo esprime la dimensione drammatica entro cui si rifrange la dolente emotività del Cristo.

Il dipinto fu acquistato da Carlo Felice nel 1821. L’attribuzione all’artista fiammingo non è mai stata discussa anzi, al contrario, parte della critica è convinta si tratti dell’unico crocifisso autografo eseguito negli anni italiani di Van Dyck che sopravviva.

Antoon Van Dyck "Ritratto di Caterina Balbi Durazzo"

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Antoon Van Dyck (Anversa, 1599 - Londra, 1641)

Tipologia:

Dipinto

Tecnica e misure:

Olio su tela, 220,2 x 149 cm

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La donna raffigurata è al centro della tela, il volto di penetrante intensità scorciato di tre quarti e rivolto con sguardo sicuro all’osservatore. Una rosa rossa, al lato del viso, ne mette in risalto la carnagione diafana. La mano destra è poggiata sul bacino di una vasca di una fontana barocca sorretta da un tritone. La mano sinistra, abbandonata lungo il fianco, stringe un ventaglio chiuso. La sontuosa veste che avvolge la figura è parte di un complesso abito alla spagnola, i capelli sono tirati all’indietro e raccolti in uno chignon al quale si avvolgono una coroncina di diamanti e un fascio di piume nere. La donna è Caterina Balbi Durazzo dipinta dal venticinquenne Van Dyck, capace di far emergere le qualità essenziali del personaggio ritratto, dando prova di aver già assimilato la lezione di Rubens, di cui fu allievo: la dama conserva, insieme a elementi di distinzione aristo­cratica, una certa ariosa e giovanile tene­rezza. Il ritratto entrò nel palazzo nel 1689 e da quel momento non ha più lasciato la dimora di via Balbi.

Tavolo in commesso di pietre dure

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Tavolo in commesso di pietre dure

Tipologia:

Arredo

Tecnica e misure:

Legno e commesso di pietre dure

 

Di eccezionale valore e bellezza è il tavolo conservato nella Galleria Aurea. L’esemplare è sormontato da uno splendido piano in commesso di pietre dure, probabilmente di lavorazione fiorentina o romana. La struttura, tecnicamente perfetta, è connotata da un bordo a girali fitomorfi e da un centro in alabastro in cui sono inserite immagini di pesci, uccelli, serpenti e diavoli. La base del tavolo, più recente rispetto al piano, presenta quattro delfini intrecciati, è da attribuire a scultori seguaci di Filippo Parodi, l’artista che realizzò alcune sculture lignee dorate in occasione del matrimonio tra Giovanni Andrea III Doria e Anna Pamphilj (1671), ancora oggi conservate nel museo di Villa del Principe.

Ritratto di Andrea Doria

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Sebastiano Luciani, detto del Piombo (Venezia, 1485 - Roma, 1547)

Tipologia:

Dipinto

Tecnica e misure:

Olio su tavola, 150,5 x 103,3 cm

 

Andrea Doria fu effigiato in un celebre ritratto eseguito su tavola da Sebastiano del Piombo per ordine di papa Clemente VII nel 1526, quando il Doria divenne comandante supremo della flotta pontificia. Andrea è raffigurato all’età di sessant’anni in un austero abito nero, con la berretta di ammiraglio sul capo. Sotto la figura è rappresentato – secondo la moda veneta di inserire un parapetto sotto l’immagine dell’effigiato - un fregio all’antica nel quale sono raffigurati sei trofei navali, ripresi da una decorazione marmorea del I secolo a.C. attualmente conservata ai Musei Capitolini di Roma. Tali emblemi probabilmente alludono alle sei galee messegli a disposizione dal Papa.

Ritratto di Anna Pamphilj

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Jacop Ferdinand Voet (Anversa, 1639 - Parigi, 1689)

Tipologia:

Dipinto

Tecnica e misure:

Olio su tela, 211 x 140 cm

 

Anna Pamphilj, figlia di Olimpia Aldobrandini Borghese e di Camillo di Valmontone, nipote di papa Innocenzo X, sposò Giovanni Andrea III Doria Landi il 25 ottobre 1671. Il matrimonio fu celebrato a Roma e poi festeggiato a Genova con eccezionale fasto. Come era consuetudine dell’epoca, i promessi sposi non si conoscevano personalmente e per tale motivo, prima delle nozze, la famiglia Pamphilj inviò al fidanzato questa effigie. Il dipinto, attribuito a Jacob Ferdinand Voet, eccellente ritrattista tardo barocco, raffigura la giovane in maniera assai realistica. Anna Pamphilj indossa un elegante abito alla moda francese e in mano tiene un giglio bianco, simbolo di purezza.

Loggia degli Eroi

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Loggia degli Eroi

Tipologia:

Decorazione a stucco

Tecnica e misure:

Stucchi in calce e polvere di marmo

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Le cinque volte che coprono la Loggia degli Eroi presentano una serie di ottagoni circondati da stucchi finissimi in calce e polvere di marmo, ispirati agli esempi romani delle Logge Vaticane e di Villa Madama.
Le voltine recano le raffigurazioni di episodi di patriottismo della storia romana tra le quali Orazio Coclite sul ponte Sublicio e Marco Curzio che si getta nella voragine
Gli episodi romani delle volte evocano il ruolo di salvatori della patria dei dodici antenati di Andrea Doria affrescati sulla parete nord della Loggia degli Eroi.

Andrea Doria come il dio del mare

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Agnolo di Cosimo, detto il Bronzino (Monticelli di Firenze, 1503 - Firenze, 1572)

Tipologia:

Dipinto

Tecnica e misure:

Olio su tela, 115 x 53 cm

 

Andrea Doria fu immortalato nelle vesti di Nettuno dal Bronzino, che dipinse il ritratto per la collezione di effigi di uomini illustri di Paolo Giovio, personalità di rilievo della cultura del XVI secolo. Del dipinto eseguito per il Giovio, oggi conservato presso la Pinacoteca di Brera a Milano, esiste una seconda versione, oggi visibile nella sala di Perseo. Questo ritratto, che raffigura Andrea Doria come dio del mare, è stato realizzato dallo stesso Bronzino probabilmente tra il 1545 e il 1546. Nella tela, il Doria, raffigurato in nudità eroica, in parte ispirata al David di Michelangelo, è appoggiato all’albero di una nave e impugna un remo nella mano destra. Il volto appare idealizzato rispetto ai reali tratti di Andrea Doria ed è caratterizzato da una lunga barba ondulata, tradizionalmente attribuita a Nettuno.

Ungulati italiani

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Titolo dell'opera:

Ungulati italiani

Autore/ Manifattura/ Epoca:

Ungulati italiani

Epoca:

1847 - 1847

Provenienza (nazione):

Italia

Tecnica:

naturalizzati

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Descrizione:

Al piano terra del museo, la Sala 7 ospita una grande vetrina panoramica dedicata agli Ungulati italiani. Con questo termine si definiscono i mammiferi erbivori provvisti di zoccoli. Gli Ungulati italiani sono qui inseriti in uno spazio che ricrea l’ambiente di vita con un appropriato fondale pittorico: lo scenario montano ospita due robusti stambecchi, un gruppo di camosci delle Alpi e due camosci d’Abruzzo. Al centro, in primo piano, si vede un gruppo familiare di muflone sardo, presente in Sardegna e nel resto della penisola con numerose popolazioni introdotte. Nella radura retrostante sono esposti un gruppo di cervi, due daini e una coppia di caprioli. Ai margini del bosco, un branco di cinghiali, che sempre più spesso vengono avvistati nei centri urbani. Una curiosità: nelle collezioni del Museo è presente un esemplare di camoscio d’Abruzzo proveniente da Barrea (AQ) dove è stato raccolto nel 1892 e scelto per descrivere la nuova sottospecie d’Abruzzo nel 1899.

Tilacino

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Titolo dell'opera:

Tilacino

Autore/ Manifattura/ Epoca:

Tilacino

Epoca:

1847 - 1847

Inventario:

743

Provenienza (nazione):

Australia 1883

Tecnica:

naturalizzato

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Descrizione:

L’esposizione dei mammiferi si conclude nella Sala 10 con una ricca serie di marsupiali: il Tilacino (Thylacinus cynocephalus), chiamato anche Lupo della Tasmania, è il più grosso marsupiale carnivoro dei tempi moderni. Il suo areale di diffusione originario comprendeva Australia, Nuova Guinea e Tasmania. La causa più probabile della scomparsa da Australia e Nuova Guinea è stata la competizione con i cani domestici, poi rinselvatichiti, introdotti dagli aborigeni migliaia di anni fa. Tra gli allevatori della Tasmania veniva considerato un grande predatore di pecore, anche se la cosa era ed è ancora controversa, pertanto è sempre stato sottoposto ad un’intensa caccia. Già dal 1863 era confinato nella parte più inaccessibile del sud dell’isola. Cause concomitanti della sua scomparsa sono state, oltre alla caccia, le malattie introdotte, la modificazione dell’habitat e la competizione con i cani domestici dei coloni. L’ultima cattura certa di un esemplare selvatico risale al 1933; la specie si è estinta in cattività il 7 settembre 1936 nello zoo della città di Hobart; nel 1986 il tilacino è stato ufficialmente dichiarato estinto. L’esemplare esposto, donato al Museo di Genova nel 1883, è uno degli unici tre presenti in Italia e dei circa 80, preparati in atteggiamento naturale, in tutto il mondo.

Ritratto del cane Rolando

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Aurelio Lomi (Pisa, 1556-1622)

Tipologia:

Dipinto

Tecnica e misure:

Olio su tela

 

Il cane Roldano è protagonista di una tela dipinta da Aurelio Lomi, artista pisano attivo a Genova tra il 1597 e il 1604, nella quale un elegante paggio è intento a strigliare l’animale con una spazzola d’argento. Il cane, tradizionale simbolo di fedeltà, acquisisce in questo dipinto un notevole valore simbolico. Roldano fu infatti donato a Giovanni Andrea I dal re Filippo II, in segno di riconoscenza per la lealtà dei Doria alla corona spagnola. Dopo la sua morte, il molosso fu sepolto con grandi onori nel giardino settentrionale della Villa, oggi non più esistente.

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