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Titolo dell'opera:

Armadiolo votivo con all’interno le divinità Daikokuten, Bishamonten e Kisshōten - Benzaiten

Ambito culturale:

ambito giapponese

Autore/ Manifattura/ Epoca:

Armadiolo votivo con all’interno le divinità Daikokuten, Bishamonten e Kisshōten - Benzaiten

Tipologia:

armadietto

Epoca:

1601 - 1801 - XVII-XIX

Inventario:

L-41/4

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 3.3; Larghezza: 7.4

Tecnica:

legno- laccatura

Descrizione:

I servizi portatili delle immagini sacre erano piuttosto comuni; durante viaggi e spostamenti permettevano di allestire altarini e di compiere offerte e preghiere per le divinità. Le immagini sacre comprendevano soprattutto divinità del Buddhismo esoterico (mikkyō). Anche le forme ad armadiolo bivalve erano piuttosto comuni; il rivestimento esterno in lacca garantiva inoltre un’ottima qualità isolante. L’immagine interna dell’armadiolo comprende una triade di divinità su uno sperone roccioso; al centro si trova Daikokuten, dio della ricchezza, in piedi su balle di riso, accompagnato da un sacco e dal suo mazzuolo magico. A sinistra si trova Bishamonten, dio guerriero protettore della fede, con un'aureola a forma di rimbō (Ruota della Legge). A destra la divinità femminile Kisshōten – Benzaiten, protettrice di felicità e fertilità, con sulla testa il torii, la chiave sacra e una gemma in mano, raffigurata in un’ipostasi definita Dai Benzaiten. Le tre divinità appartengono al gruppo delle Sette Divinità della Fortuna, in giapponese Shichifukujin, e quando sono rappresentati insieme formano una triade propiziatoria.

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Titolo dell'opera:

Kangiten

Ambito culturale:

ambito giapponese

Autore/ Manifattura/ Epoca:

Kangiten

Tipologia:

statua

Epoca:

1601 - 1800 - XVII-XVIII

Inventario:

B-1147

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 10.3; Diametro: 4.2

Tecnica:

Bronzo a fusione piena, con patinatura scura

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Descrizione:

Kangiten, la forma buddista di Ganesha, il dio indù della fortuna che ha il potere di rimuovere gli ostacoli, è riconoscibile dalla sua testa di elefante.
Il culto di Kangiten giunse in Giappone tra l'VIII e il IX secolo dalla Cina assieme al buddhismo esoterico, che comprende molte divinità di origine indiana. In questa fase Kangiten era rappresentato come un'unica divinità con diverse paia di braccia, simile per l'appunto a Ganesha.
Durante il tardo periodo Heian (794-1185) comparvero però immagini di coppie di Kangiten (Sōshin Kangiten) in cui due figure antropomorfe dalla testa di elefante, un maschio e una femmina, si abbracciano; un'iconografia totalmente assente nella tradizione indiana. I Kangiten abbracciati rappresenterebbero una storia raccontata in vari testi buddhisti, dove la divinità malvagia Vinayaka, altro nome di Ganesha, viene pacificata da Kannon dagli undici volti, che trasformatasi in una bella donna, si unisce a lui, con lo scopo di metterlo sulla giusta via che porta alla comprensione delle verità buddiste. Kangiten, come l'indiano Ganesha, era quindi inizialmente visto come un dio malevolo, creatore di ostacoli. Una volta placato da Kannon diventa, al contrario, una divinità benevola. La piccola scultura raffigura due figure antropomorfe dalla testa elefantina. La femmina ha le punte dei piedi sopra quelle del maschio, simbolo della sottomissione della natura malevola di Vinayaka a opera di Kannon. Le rappresentazioni di Kangiten più comuni sono piccole statuette in metallo che venivano impiegate in rituali in cui veniva versato dell'olio sulle immagini; questa statuetta serviva probabilmente proprio per questo genere di rito. Le statuette venivano poi conservate all'interno di una custodia cilindrica e celate alla vista dei fedeli. Quelle di Kangiten sono infatti immagini segrete, non mostrate al pubblico per via del loro forte significato erotico e sono quindi spesso conservate dai templi giapponesi come "Buddha nascosti" (hibutsu).

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Titolo dell'opera:

Tanjō no Shaka Butsu, il Buddha storico Śākyamuni neonato

Ambito culturale:

ambito giapponese

Autore/ Manifattura/ Epoca:

Tanjō no Shaka Butsu, il Buddha storico Śākyamuni neonato

Tipologia:

scultura buddhista

Epoca:

1601 - 1800 - XVII-XVIII

Inventario:

B-0333

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 18.7

Tecnica:

Bronzo colato su modello in cera, patinato bruno cupo

Descrizione:

L’ 8 aprile in Giappone si festeggia l’”Hana matsuri”, la festa dei fiori”, una cerimonia rituale durante la quale si commemora la nascita del Buddha storico (Śākyamuni), cerimonia nota anche come “Kanbutsu-e” (潅仏会).
Nei templi buddhisti viene allestito un piccolo altare decorato con fiori all’interno del quale viene collocata una piccola statuetta chiamata “tanjōbutsu” (誕生仏) o “tanjō Shaka” (誕生釈迦), che raffigura il Buddha neonato. Durante la celebrazione i fedeli adornano l’altare con fiori e bagnano, a turno, la piccola statua con “amacha” (甘茶), un tè dolce di ortensia; un chiaro rimando al leggendario nettare profumato con cui i due re lavarono il piccolo Śākyamuni dopo la sua nascita.
Questa statuetta proviene sicuramente da un contesto templare, dove veniva comunemente usata per il rito di Kanbutsu-e; osservandola attentamente infatti è visibile sulla superficie un sottile strato di patina, risultato delle continue irrogazioni di tè di ortensia con cui viene effettuato il rito; è provvista del piedistallo con cui veniva posizionata all'interno della ciotola da irrigazione, la kanbutsu-ban, e non è un caso che il piedistallo sia decorato a forma di fiore di loto, simbolo floreale per eccellenza del buddhismo. La figura non è resa con le fattezze di un bambino ma ritrae già un individuo dal fisico adulto caratterizzato da “elementi buddhisti” come le orecchie con lungo lobo. Le statue raffigurano Śākyamuni appena dopo la nascita che, stante, indica con la mano destra il cielo e con la sinistra la terra definendo così il suo dominio sui due piani del Cosmo.

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Titolo dell'opera:

Jūichimen Kannon, "Kannon dagli Undici Volti"

Ambito culturale:

ambito giapponese

Autore/ Manifattura/ Epoca:

Jūichimen Kannon, "Kannon dagli Undici Volti"

Tipologia:

scultura buddhista

Epoca:

1601 - 1750 - XVII

Inventario:

B-1575

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 125.2

Tecnica:

Bronzo fuso

Descrizione:

Kannon è l'emanazione di Amida, il Buddha dell'Ovest, nonché il bodhisattva della compassione.
Dalle scritte incise sulle gambe apprendiamo che questa statua fu commissionata e offerta "dall’Abate Junrensha Hanyo e dal Prete Capo Nen’a Ryūen, per la beatitudine dei genitori in questo mondo e nella Terra Pura”. Questa statua rappresenta "Kannon dagli Undici Volti": secondo un'antica leggenda buddhista, il Bodhisattva Kannon tentò di percepire in un'unica volta la somma totale delle sofferenze di tutti gli esseri viventi e fu talmente sopraffatto dal dolore e dallo spavento che la sua testa esplose in undici frammenti. Allora il Buddha Amida raccolse i pezzi e li trasformò in undici teste, le dispose a corona sul capo di Kannon e a quella più in alto diede il proprio aspetto. In questo modo avrebbe avuto ben undici teste per riflettere su tutti modi di aiutare gli esseri sofferenti.
Le teste sono disposte a corona su tre livelli, Kannon inoltre indossa un diadema con un'immagine del Buddha Amida in piedi. Le nove teste inferiori indicano gli stadi del sentiero verso l'Illuminazione, mentre quella più in alto ha le sembianze di un Buddha e rappresenta il pieno compimento del cammino.
La testa principale del nostro Kannon ha un’espressione pacata: i suoi occhi sono socchiusi e la sua espressione infonde calma e serenità. Lo sguardo è rivolto in basso, verso la mano destra, che compie il gesto del dono. Le piccole teste sono uguali a tre a tre e hanno espressioni rispettivamente serene, accigliate e furenti che rappresentano i “Tre Tesori Nascosti”, i “Tre Guardiani” e i “Tre Difensori”.

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Titolo dell'opera:

Statuetta di Miroku Bosatsu

Ambito culturale:

ambito giapponese

Autore/ Manifattura/ Epoca:

Statuetta di Miroku Bosatsu (Maitreya)

Tipologia:

statua

Epoca:

601 - 800 - VII-VIII

Inventario:

B-1410

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 35.8; Larghezza: 14.3; Profondità: 18.5

Tecnica:

bronzo- fusione

Descrizione:

Miroku è presente in Giappone dal VII secolo d.C. SI tratta di una delle divinità più importanti del primo buddismo giapponese. Miroku Bodhisattva è colui che diventa un Buddha e appare sulla terra per salvare coloro che non sono in grado di raggiungere l'illuminazione, portando così la salvezza universale a tutti gli esseri senzienti. Miroku Bosatsu (sanscrito: Maitreya Bodhisattva), il futuro Buddha, risiede nel paradiso di Tushita, in attesa di rinascere sulla terra. Di solito ha un aspetto principesco e regge uno stupa. Le leggende narrano che Vasubandhu e Asanga, i grandi filosofi indiani della setta Hossō, ricevettero gli insegnamenti direttamente da Miroku Bosatsu. Statua che raffigura Miroku Bosatsu. La figura è seduta su un alto seggio cilindrico rivestito di un drappo panneggiato. Da questo sedile sporge un fiore aperto, circondato da tre foglie accartocciate, che sorregge il piede sinistro. La postura è disposta in modo da sottolineare l'atteggiamento pensoso: la gamba destra è piegata e appoggiata sul ginocchio sinistro, la mano sinistra è posata sulla caviglia del piede alzato mentre il gomito destro si impunta sul ginocchio sinistro. La mano destra sfiora la guancia. Un drappo fascia la parte inferiore del corpo. L'orlo della veste è sottolineato da una spessa bordura decorata con motivi a onda.

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Titolo dell'opera:

Banconota convertibile in argento da 100 yen detta "di Daikokuten"

Autore:

Chiossone, Edoardo

Tipologia:

banconota

Epoca:

1885 - 1885 - XIX

Inventario:

IR 1940-007

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 11.5; Larghezza: 18.6

Tecnica:

carta stampaggio

Descrizione:

A Edoardo Chiossone, disegnatore e incisore, si devono le emissioni delle carte valori del Giappone moderno; produsse circa 500 lastre per banconote, francobolli, titoli ed altre emissioni statali, fece inoltre importare dall'estero macchine industriali che garantivano un alto livello di stampa e istruì al loro uso i dipendenti giapponesi del Poligrafico.
Durante il suo lavoro studiò approfonditamente l’iconografia giapponese, necessaria al suo mestiere di disegnatore e incisore, e ciò aumentò significatamene il suo interesse per l’arte; sui libri illustrati del “Kyōsai Gadan”, il Trattato di Kawanabe Kyōsai sulla pittura (anch’esso presente nella nostra collezione) si trovano, a margine, moltissime annotazioni di Chiossone che ne studiava le raffigurazioni e i motivi. Si pensa che Edoardo Chiossone conoscesse personalmente Kyōsai (1831-1889), a lui contemporaneo, di cui possedeva svariate opere.
Lo studio sull’iconografia lo portò a prediligere un personaggio in particolare: Daikokuten. Banconota convertibile in argento da 100 yen detta "di Daikokuten".
Daikokuten è una divinità associata alla fortuna, alla ricchezza e alla prosperità, riconoscibile dal tipico cappello piatto, da un sacco che porta con sé e soprattutto dallo uchide no kozuchi, un martello magico in grado di realizzare qualsiasi desiderio.
La figura di Daikokuten ricorre in molte opere presenti nella collezione Chiossone (stampe, dipinti, bronzi, maschere decorative e inrō); si può dire che fosse certamente una figura amata da Edoardo Chiossone. La sua caratteristica “capacità di produrre ricchezza” lo fece impiegare anche come soggetto per la banconota convertibile in argento da 1 yen detta appunto "di Daikokuten" in cui il personaggio è raffigurato secondo un’iconografia tradizionale, spesso ricorrente in stampe e dipinti: con un sacco e un martello, seduto su sacchi di riso, a loro volta simbolo di abbondante raccolto e circondato da topi, anch’essi attirati dall’abbondanza di granaglie. La rotondità fisica del personaggio sottolinea ancora una volta la sua prosperità. Daikokuten era senz’altro un simbolo per rappresentare un futuro positivo per il Giappone in un momento di grande cambiamento, ma anche una connessione con il passato grazie alla sua iconografia tradizionale, si pone quindi come un simbolo di tradizione su una banconota nuova, moderna realizzata con tecnica di stampa all’avanguardia che permette sfumature di colore non possibili in precedenza. Non solo; la banconota riporta anche in inglese la dicitura di convertibilità in argento, un ulteriore indice di un’apertura del Giappone all’internazionalità.

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Titolo dell'opera:

Bottiglia da sake

Ambito culturale:

ambito giapponese

Autore/ Manifattura/ Epoca:

Bottiglia da sake (tokkuri)

Tipologia:

bottiglia

Epoca:

1701 - 1710 - XVIII

Inventario:

C-3

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 18; Diametro: 11.5

Tecnica:

porcellana- pittura

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Descrizione:

Bottiglia da sake (tokkuri) a corpo piriforme, priva di piede e con un breve collo cilindrico. Una copertura bianco-azzurrina riveste l'intera supeficie esterna ad eccezione della base, caratterizzata da un fondo camoscio scuro sul quale è impressa una spirale. Sul corpo compare un motivo yoraku, composto da sottili grane incrociate a formare delle losanghe ornate con nappe e pendenti. Interrompono la maglia due riserve verdi lobate con kotubuki a cui si alternano altre due cartelle a ventaglio cinese contenenti un drago stilizzato e privo di artigli. Sul collo, su fondo blu, compaiono corolle di crisantemo e foglie. Questa tipologia è nota come "porcellana di Arita" o "Imari", a decorazione kakiemon.

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Titolo dell'opera:

Armatura, lavoro di Myochin Mune-Tsugu

Autore:

Myōchin, Mune-Tsugu

Tipologia:

armatura giapponese

Epoca:

1591 - 1600 - XVI

Inventario:

AA-4

Misure:

Unità di misura: UNR; Misure mancanti: MNR

Tecnica:

ferro, crine, pelle, seta, tessuti

Descrizione:

L’intera armatura riflette l’attenzione maniacale alla simbologia che caratterizzava l’epoca. Ogni dettaglio – dal drago sulla corazza ai petali di iris dell’elmo – serviva non solo a proteggere fisicamente il guerriero, ma anche a rappresentarne lo spirito e il rango. La decorazione non è puramente estetica: i motivi scelti avevano anche un significato spirituale e simbolico, conferendo al guerriero una sorta di aura protettiva. Inoltre, l’uso di materiali preziosi come il metallo dorato e la seta testimonia l’importanza dell’estetica persino in un contesto bellico. Corazza del tipo Hotoke-do, caratterizzata da una superficie liscia e compatta. Sulla corazza spicca un grande drago color oro, simbolo di forza, protezione e potere divino. Sono presenti elmo e copri nuca, maschera con crine e gli elementi di protezione per gambe e braccia. L'elmo è un Hoshi Suji kabuto con maedate mitsu kuwagata. Il coppo (hachi) è formato da lastre a forma di spicchi rivettati con margini costolati e bugne sferiche, con rivetti (shiten no byō) sulla calotta. Sulla cima del coppo è presente il foro (tehen no ana o hachimanza) con relativa ghiera ornamentale (tehen no kanamono) fiorata in ottone. Sul retro è presente una lastra piatta decorata con un bordo dorato e un gancio (agemaki no kan) con relativo nodo decorativo (agemaki). Sono presenti gli shinobi no o, lacci di corda utilizzati per fissare l’elmo al mento. La visiera (maebashi) ha cinque piccoli rivetti appuntiti e tre rivetti fiorati più grandi (sanko no byō). È presente una decorazione con motivo di petali di iris (shobu-gawa) con un inserto in pelle lavorata e come bordatura un filato di seta di colore blu, verde, bianco e oro e un bordino (fukurin) di metallo dorato ritorto su sé stesso. Infilato in un kuwagatadai, rivettato alla visiera in metallo dorato per sostenere le piatte corna kuwagata con una spada in verticale, dorato al centro del quale vi è uno tsunomoto (manca l’ulteriore maedate). Sono presenti ampi fukigaeshi con decorazione con motivo di petali di iris (shobu gawa), rivetti appuntiti decorativi, inserti di pelle scamosciata e stemma (mon) a sette cerchi concentrici all’interno di un cerchio più ampio (maru ni shichō丸に七曜), uno stemma che rappresenta una stella a cinque punte sotto forma di cerchio. Shikoro composto da tre ampie lamelle laccate, tenute assieme da lacci color rosso. La maschera è una me no shita men, a protezione della parte inferiore del viso, con baffi di crine. La protezione per la gola (yodare kake o tare) è formata da quattro lamelle ondulate tenute assieme con lacci blu cupo.

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Titolo dell'opera:

Tsuba con conchiglie

Ambito culturale:

ambito giapponese

Autore:

Echizen Ju Kinai (Scuola Kinai)

Tipologia:

paramano

Epoca:

1701 - 1800 - XVIII

Inventario:

T-568

Misure:

Unità di misura: UNR; Misure mancanti: MNR

Tecnica:

Ferro patinato inciso e traforato

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Descrizione:

Tsuba” (鐔 o più comunemente 鍔), guardia della spada/paramano. La tsuba era una parte indipendente e rimuovibile dal corpo della katana (刀) che sì, aveva come scopo originale quello di salvaguardare la mano di chi impugnava la spada, ma che diventò nel tempo sempre più un indicatore di status sociale. Si tratta di una “semplice” placca metallica di cui si hanno tracce risalenti alla fine del periodo Kofun (250 a.C.-538 d.C.), ma che a partire dal periodo Edo (1600-1868) assunse forme sempre più articolate e particolari. Se già tra il XIV e il XV si iniziarono a usare leghe a base di metalli morbidi al posto dell’acciaio per la loro forgiatura, è dal periodo Edo che presero la funzione di “indicatore di status” in quanto, quando la katana era riposta nel suo fodero (鞘, “saya”), erano l’unica parte visibile assieme all’impugnatura (柄, “tsuka”). Nella loro fabbricazione si introdusse l’uso di innesti d’oro o d’argento e si iniziarono a raffigurare elementi naturali, mitici o fantastici sulla superfice degli tsuba, che assunsero quindi forme sempre più articolate. Questo vale in particolare per la parte “esterna” o “superiore” dello tsuba detta ”omote” (表). Tsuba con festone di diciotto conchiglie.>br>Il motivo a conchiglie appartiene alla scuola Kinai 記内家, attiva in Giappone tra il XVII e il XVIII secolo. Questa scuola era affiliata alla famiglia di fabbri Yasutsugu (康継), che produceva le lame per i Tokugawa. La caratteristica distintiva dello stile Kinai è il traforo modellato a tondo ed eseguito con grande maestria. I soggetti più ricorrenti sono elementi naturalistici, e, in particolare, draghi. Questa scuola è famosa, inoltre, per le sue incisioni su lama.

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Titolo dell'opera:

Veduta del Monte Fuji nel "piccolo sesto mese"

Autore:

Totoya, Hokkei

Tipologia:

dipinto

Epoca:

1837 - 1837 - XIX

Inventario:

P-0341

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 32.1; Larghezza: 54.8; Varie: Altezza montatura: 110 cm
Larghezza montatura: 66.8 cm

Tecnica:

inchiostro e colori su seta

Ultimi prestiti:

La Rinascita della Pittura Giapponese. Vent'anni di restauri al Museo Chiossone di Genova - Genova, Museo d'Arte Orientale Edoardo Chiossone - 28/02 - 29/06 2014

Descrizione:

La montagna giapponese per eccellenza è il Fuji(富士山, Fuji-yama) un vulcano alto 3776 m situato sull'isola giapponese di Honshū; Con i suoi 3.376 mt. rappresenta la montagna più alta del Giappone e viene considerato una delle "tre montagne sacre" (三霊山, Sanreizan) del Paese insieme al monte Tate e al monte Haku, a tal punto che gli shintoisti considerano doveroso almeno un pellegrinaggio sulle sue pendici una volta nel corso della vita. La sua cima è innevata per circa 10 mesi l’anno. Dipinto con montatura originale in seta: ichimonji in kinran a fondo giallo-aranciato con girali a stelo singolo di fiori hōsōge e fogliami; chūberi e jōge dati da un paramento unico in donsu monocromo blu-nerastro con grandi disegni di corolle di susino stilizzate; jikushi in avorio tornito. L’artista riprende la celeberrima immagine del Monte Fuji creata da Hokusai per la serie di stampe ukiyoe "Trentasei vedute del Fuji" (1830-1833); la montagna ha la cima che si staglia a destra e scende verso sinistra in un dolce declivio incurvato proprio come nelle stampe di Hokusai. Sul lato sinistro sono rappresentate foreste di conifere, come in una delle varianti di Hokusai “il Fuji rosso” e il “Fuji bianco”, mentre la nube anulare fascia le pendici con un cappuccio di neve che ricopre la cima sono innovazioni di Hokkei. L'autore della poesia kyōka 狂歌, calligrafata a sinistra, è Garyōen Umemaro, capo del circolo di poesia kyōka Hanazon-ren. I versi recitano: Ecco una montagna che non conosce stagioni Il Fuji è ammantato con la neve della veste estiva Nel tepore del piccolo sesto mese [decimo mese]. [Firmato] Garyōen Umemaro, ottavo mese, autunno dell’anno del gallo,ottavo del Periodo Tempō Per Umemaro il Fuji indossa “la neve delle veste estiva” nel “tepore del piccolo sesto mese” un nome anticamente attribuito al decimo mese del calendario tradizionale, in cui le giornate autunnali, placide e fresche, assomigliavano a quelle di inizio estate (del sesto mese). Questo genere poetico giapponese, fiorito principalmente nel periodo Edo, tratta di una forma di poesia umoristica e satirica, spesso caratterizzata da giochi di parole e un tono scherzoso. Il significato sta nel contraddire giocosamente la tradizione classica, in particolare invertendo il senso dell'antico attributo 'toki shiranu Fuji', “il Fuji che non conosce stagioni”, espressione derivata da un waka (poesia giapponese) dell'Ise Monogatari che descrive il Fuji come perennemente coperto di neve, anche in estate.

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