L’edificio museale fu progettato dal noto architetto Mario Labò (1884-1961), costruito tra il 1953 e il 1967 e inaugurato poi nel 1971. Si tratta di una straordinario esempio di architettura razionalista in cemento armato, formato da un avancorpo, da cui si accede in atrio e biglietteria e il cui tetto forma una terrazza panoramica; il corpo principale, di pianta rettangolare, è un magnifico spazio a volume unico con un salone al piano terreno e cinque gallerie a sbalzo sulle due pareti lunghe, collegate da rampe di scale in ferro e legno formanti un percorso continuo. Ideato appositamente per accogliere la collezione di arte orientale, il progetto di Labò presenta chiari riferimenti, nella modulazione degli spazi e nella scelta dei materiali, alla architettura tradizionale giapponese.
Il percorso inizia nel Salone, dove sono esposte le grandi sculture in bronzo provenienti da templi buddhisti, risalenti ai secoli XVII- XVIII. Salendo la scala sul lato destro, si accede alla Prima Galleria, dedicata alla nascita e allo sviluppo della civiltà e della cultura artistica giapponese. Qui troviamo reperti archeologici dei periodi Yayoi (ca. 300 a. C. – 300 d.C.) e Kofun (300 – 710 d.C.) e specchi rituali in bronzo cinesi e giapponesi: queste opere testimoniano i rapporti del Giappone con l’Asia Orientale Continentale e l’evoluzione della metallotecnica. Le vetrine dalla 3 alla 7 sono dedicate all’arte buddhista, mentre nelle ultime due vetrine sono esposte opere rappresentative della civiltà dei samurai. Da qui ci possiamo affacciare sulla galleria di fronte, la quinta, che raggiungeremo a fine percorso, e osservare nel suo insieme le tredici grandi armature giapponesi oyoroi, complete ed equipaggiate con armi.
Proseguendo saliamo nella Seconda Galleria, dedicata allo sviluppo delle arti decorative nel periodo Edo (1600-1868). Troviamo le opere di scultura lignea di soggetto buddhista nelle vetrine 10 e 11, mentre nelle due vetrine successive sono esposte le maschere teatrali in legno scolpito del teatro tradizionale giapponese Nō. Si susseguono poi nel percorso le categorie delle arti applicate cinesi e giapponesi: gli smalti cloisonné, le porcellane, le lacche. Nell’ultima vetrina è esposta una selezione di inrō e netsuke: un piccolo astuccio e il suo ciondolo, accessori dell’abbigliamento maschile del periodo Edo.