Fin dai primi secoli del Medioevo, nel sottosuolo dei terreni feudali del Giappone vennero ritrovati vari tipi di reperti archeologici, come manufatti litici della preistoria e bronzi protostorici. L’interpretazione di questi reperti era affidata agli eruditi locali, che utilizzavano come fonti le antiche cronache dell'VIII secolo e le credenze, leggende, notizie e idee mitologiche in esse contenute. I reperti archeologici restarono dunque, fino alla fine del XIX secolo, oggetti misteriosi, dei quali non si conosceva esattamente l’origine. Poiché provenivano dal suolo feudale, questi oggetti venivano considerati tesori del feudo (kokuhō) e diventavano parte delle collezioni dei feudatari e samurai che amministravano e controllavano il territorio. Ma, la modernizzazione del periodo Meiji (1868-1912) e la concomitante presenza in Giappone di studiosi e scienziati occidentali, favorirono la scoperta e la valorizzazione dell’antica identità culturale del Paese.

Gli importanti oggetti archeologici dei periodi Yayoi e Kofun raccolti da Edoardo Chiossone, (vetrina 1), riflettono le circostanze di quel periodo: alcuni di essi provengono certamente da tesori feudali, altri da scavi effettuati nel periodo a lui contemporaneo.          
Ad esempio, la Punta di lancia rituale in bronzo Yayoi è un reperto pre-Meiji da Kurume (Fukuoka) documentato in una cronaca del 1856, mentre la Campana rituale in bronzo con disegni di spirali d’acqua, il cui sito d’origine è sconosciuto, appartiene ad una rara tipologia della regione di Yamato di cui sono finora noti solo altri due esemplari, entrambi conservati in Giappone.

Alcuni pezzi provenienti da corredi funerari principeschi del Periodo Kofun, come la Bardatura equestre a forma di anello a tre sonagli, i Quindici gioielli a forma di virgola (magatama) e la Collana di gioielli tubolari, mostrano evidentissime affinità con oggetti rinvenuti nel 1873 a Età Funayama, nella famosa sepoltura a tumulo di Waka Takeru, dell’Imperatore Yūryaku (secoli V-VI d.C.).