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Titolo dell'opera:

Credenza di Zecchin

Autore/ Manifattura/ Epoca:

Credenza di Zecchin

Tipologia:

credenza

Epoca:

1923 - 1923 - XX

Inventario:

GX1993.47

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 110; Larghezza: 128; Profondità: 52

Tecnica:

legno di rovere

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Descrizione:

Nella sezione triveneta alla Prima Biennale di Monza Vittorio Zecchin presentò una sala da pranzo per la quale disegnò mobili, vetri, piatti in ceramica e arazzi. Gli arredi comprendevano un tavolo, alcune sedie, e panchette e una credenza in legno di rovere tinto di nero con incisioni dorate di fiori stilizzati, cervi e cerbiatti. Tale motivo decorativo, presente nella panchetta conservata presso la Wolfsoniana (GX1993.48), presentava una variante con figure di pesci nella credenza esposta sempre nel 1923 alla Galleria Pesaro di Milano. L'esemplare conservato al museo era originariamente decorato con bocchette in argento. Credenza in legno di rovere laccato di nero e abbellito da un motivo intagliato di pesci dorati. L’interno dello sportello sinistro è siglato dalle iniziali incise di Vittorio Zecchin.

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Titolo dell'opera:

Vaso con gallo

Autore/ Manifattura/ Epoca:

Vaso con gallo

Tipologia:

vaso

Epoca:

1922 - 1922 - XX

Inventario:

GX1993.398

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 40; Larghezza: 24

Tecnica:

ceramica

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Descrizione:

Roberto Rosati, allievo di Duilio Cambellotti, dopo aver conseguito il diploma presso il Regio Istituto d’Arte per la Ceramica di Faenza nel 1912 apre il suo primo laboratorio di ceramica in collaborazione con il gallerista Giuseppe Sprovieri. Nel primo dopoguerra collabora con la manifattura La Fiamma di Roma, che viene acquistata nel 1924 da Ferruccio Palazzi. Nel 1923 partecipa alla Prima Mostra Internazionale delle Arti Decorative di Monza nella sezione romana, dove espone il "Vaso con gallo", la cui forma semplice corrisponde ai modelli in uso nella cerchia dei ceramisti romani. Il carattere peculiare della sua produzione è rappresentato dai motivi decorativi dei punti colorati, che definiscono gli elementi naturali o geometrici raffigurati. Vaso curvilineo in ceramica privo di anse e di coperchio. La decorazione è costituita da un motivo a punti colorati e dorati che sottolineano e definiscono gli elementi vegetali e geometrici raffigurati. L’immagine del gallo, che occupa gran parte della superficie, pur nella sua fisionomia realista accentuata da contorni bruni è restituita attraverso una complessiva stilizzazione grafica.

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Titolo dell'opera:

Vaso con fondo marino

Autore/ Manifattura/ Epoca:

Vaso con fondo marino

Tipologia:

vaso

Epoca:

1922 - 1922 - XX

Inventario:

GX1993.400

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 38,5; Larghezza: 25

Tecnica:

terracotta- invetriatura

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Descrizione:

Formatosi al Museo Artistico Industriale di Napoli e all’Accademia di Belle Arti di Roma, dove è allievo di Cambellotti, nel 1923 Giulio Rufa espone insieme a Ferruccio Palazzi e a Roberto Rosati terrecotte nella sezione romana alla Prima Esposizione Internazionale delle Arti Decorative di Monza. Attivo su più fronti artistici, è impegnato in particolare nel campo della ceramica, ambito nel quale collabora con Ferruccio Palazzi. Questo vaso con forma globulare e orlo estroflesso, segnato sotto la base “Roma/Rufa”, è tipico della sua prima produzione ceramica. Vaso di forma globulare e orlo estroflesso in terracotta invetriata e dipinta.

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Titolo dell'opera:

Credenza

Autore/ Manifattura/ Epoca:

Credenza

Tipologia:

credenza

Epoca:

1927 - 1927 - XX

Inventario:

87.906.11.1

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 178; Larghezza: 107; Profondità: 52

Tecnica:

legno di noce- verniciatura

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Descrizione:

Allievo e collaboratore di Cambellotti, Melchiorre Melis si trasferì ventenne nella capitale dove, seguendo la lezione del maestro, si dedicò a una produzione d’arte totale, dedicandosi alla creazione di dipinti, illustrazioni, mobili, ceramiche, gioielli, ricami, giocattoli e allestimenti espositivi. Legato ai temi iconografici e stilistici della sua terra d’origine, li rivisitò con originalità, come dimostrano i decori e i soggetti delle sue ceramiche e la ripresa di motivi tipici della tradizione sarda, riattualizzati in chiave déco, presenti in questa credenza che, concepita probabilmente in collaborazione con il fratello Federico, fu eseguita dai Fratelli Clemente di Sassari. Credenza in legno di noce tinto di nero decorato con fregi geometrici. Nella parte superiore del mobile è applicata una piastrella invetriata, dipinta con il profilo di una donna con copricapo e grandi orecchini.

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Titolo dell'opera:

Piatti per il Villino Pallottelli. Gallo, Cavallo, Cerbiatto

Autore/ Manifattura/ Epoca:

Piatti per il Villino Pallottelli. Gallo, Cavallo, Cerbiatto

Tipologia:

piatto

Epoca:

1925 - 1925 - XX

Inventario:

GX1993.113.11-12-13

Misure:

Unità di misura: UNR; Varie: Misure varie.

Tecnica:

maiolica a smalto

Descrizione:

Questi piatti furono disegnati da Cambellotti e realizzati dal RINIP, Regio Istituto Nazionale di Istruzione Professionale, per la facciata del Villino Pallottelli di via Nomentana a Roma. Della progettazione di tali inserti decorativi si conservano presso la Wolfsoniana undici bozzetti preparatori in pergamena. Tre piatti in maiolica decorati con le sagome stilizzate di un gallo, un cavallo e un cerbiatto, tutte colorate di blu.

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Titolo dell'opera:

Armadio dei falchi

Autore/ Manifattura/ Epoca:

Armadio dei falchi

Tipologia:

armadio

Epoca:

1925 - 1925 - XX

Inventario:

GX1993.184

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 150; Larghezza: 165; Profondità: 51

Tecnica:

legno di noce intarsiato-intagliato

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Descrizione:

Esposto nella Sezione Romana alla Seconda Mostra Internazionale delle Arti Decorative di Monza del 1925, l’armadio è decorato da tarsie lignee realizzate da Giulio Mazzucchetti. Mazzucchetti (1888-1954) frequentò lo studio di Cambellotti insieme a Guido Rosati e imparò durante questo periodo l’arte dell’intarsio. L’armadio presenta tre ante decorate da Giulio Mazzucchetti con tarsie in legno di acero e cedro, raffiguranti un tronco di salice “gemmato” tra due falchi.

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Titolo dell'opera:

Il buttero

Autore/ Manifattura/ Epoca:

Il buttero

Tipologia:

scultura

Epoca:

1924 - 1924 - XX

Inventario:

GX1993.113.6

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 28; Larghezza: 24

Tecnica:

bucchero

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Descrizione:

Il buttero, la più celebre icona artistica di Cambellotti, sembra incarnare l’espressione più emblematica della sua assonanza con le tensioni plastiche della poetica futurista: l’immagine stilizzata e dinamica del cavaliere dell’Agro romano, replicata in bucchero nel 1924, induce infatti a ravvisare la definitiva maturazione di una sua diretta sintonia espressiva con le ricerche futuriste, come confermato anche dal suo stretto sodalizio con Giacomo Balla, che nel 1908 pubblicò su “Novissima” un suo ritratto a pastello. La piccola scultura in ceramica nera rappresenta un buttero, tradizionale mandriano della regione laziale e toscana, a cavallo.

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Titolo dell'opera:

Stemma trecentesco

Acquisizione:

Mitchell Wolfson Jr. 2014 Genova - donazione

Autore/ Manifattura/ Epoca:

Stemma trecentesco

Tipologia:

vetrata

Epoca:

1912 - 1912 - XX

Inventario:

GX1993.113.2

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 120; Larghezza: 120; Profondità: 4

Tecnica:

vetro piombato

Ultimi prestiti:

Mostra della vetrata allestita - Palazzo dei Filippini, Roma - 1912

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Descrizione:

Membro del gruppo artistico costituitosi intorno a “La Casa”, rivista di “estetica, decoro e governo dell’abitazione moderna” fondata nel 1908 da Edoardo De Fonseca, Duilio Cambellotti condivise con gli altri esponenti del movimento, tra cui Vittorio Grassi e Umberto Bottazzi, l’ispirazione ai modelli estetici delle Arts & Crafts: specialmente nella rivalutazione di tradizionali tecniche artigianali - come l’abolizione dell’uso dei chiodi e il montaggio per incastri - che permettevano di ottenere, attraverso un semplificato processo costruttivo, un rigoroso e lineare decoro. La comune ispirazione medievalista di matrice ruskiniana professata da questa compagine artistica confluì in una propensione collettiva al filologico recupero di tradizioni locali mantenute in vita dall’artigianato minore e a un’integrazione tra arte e architettura, declinata attraverso inserti decorativi in ceramica e vetri policromi. L’attrazione di Cambellotti per le suggestioni di un immaginario medievale – già evidente nella tavola Medioevo, pubblicata nel 1905 sulla rivista “Novissima” e raffigurante un aspro paesaggio collinare punteggiato da vetusti manieri turriti, o nella sagoma di un elmo medievale con cui accompagnò la sua firma sino 1910 – si intensificò in particolare attraverso la mediazione letteraria di Dante, come testimoniato dalla sua vittoriosa partecipazione al concorso bandito da Vittorio Alinari per le illustrazioni de La Divina Commedia. Se tali suggestioni improntarono anche i preziosi intarsi dei mobili del Palazzo dell’Acquedotto Pugliese, caratterizzati da raffigurazioni di borghi attraversati da corsi d’acqua che richiamavano i codici miniati del medioevo, questa sua ispirazione trovò la più compiuta ispirazione nelle vetrate, alla cui realizzazione cominciò a dedicarsi insieme a Grassi e Bottazzi grazie alla collaborazione con il maestro vetraio Cesare Picchiarini. Il loro esordio espositivo in tale ambito avvenne nel 1912, in occasione della Mostra della vetrata allestita a Roma nel Palazzo dei Filippini. Cambellotti espose tre vetrate – "Stemma trecentesco", "I corvi" e "Visione eroica" – che, attraverso il filtro dell’estetica contemporanea, mostravano un forte legame con l’energia espressiva di un’epoca remota. La tecnica vetraria rappresentò per Cambellotti una coerente sintesi tra quell’etica culturale, che aveva ispirato la costruzione delle cattedrali gotiche e le componenti estetiche e sociali desunte dai principi teorici dei pionieri del movimento moderno. Stemma trecentesco in vetro piombato multicolore.

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Titolo dell'opera:

Panca dei timoni

Autore/ Manifattura/ Epoca:

Panca dei timoni

Tipologia:

panca con schienale

Epoca:

1925 - 1925 - XX

Inventario:

X1993.113.1

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 95; Larghezza: 300; Profondità: 104

Tecnica:

legno di noce

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Descrizione:

Membro del gruppo artistico costituitosi intorno a “La Casa”, rivista di “estetica, decoro e governo dell’abitazione moderna” fondata nel 1908 da Edoardo De Fonseca, Duilio Cambellotti condivise con gli altri esponenti del movimento, tra cui Vittorio Grassi e Umberto Bottazzi, l’ispirazione ai modelli estetici delle Arts & Crafts: specialmente nella rivalutazione di tradizionali tecniche artigianali - come l’abolizione dell’uso dei chiodi e il montaggio per incastri - che permettevano di ottenere, attraverso un semplificato processo costruttivo, un rigoroso e lineare decoro. La Panca dei timoni, eseguita presso il Regio Istituto Nazionale di Istruzione Industriale al San Michele di Roma su disegno di Cambellotti, fu esposta per la prima volta nel 1925 alla Seconda Mostra Internazionali delle Arti Decorative di Monza in una delle cinque sale della sezione romana, la cosiddetta “sala del mare”, allestita dall’architetto Alessandro Limongelli. Panca lignea.

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Titolo dell'opera:

Le curiose

Autore/ Manifattura/ Epoca:

Le curiose

Tipologia:

cofano

Epoca:

1923 - 1923 - XX

Inventario:

GX1993.208

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 71; Larghezza: 96,5; Profondità: 47,5

Tecnica:

legno di noce

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Descrizione:

Il cofano "Le curiose" era parte della “Sala da Studio”, progettata e arredata dall’artista romano Duilio Cambellotti alla Prima Esposizione Internazionale di Arti Decorative di Monza nel 1923. Eseguito in noce da Fedro Guerrieri su disegno di Cambellotti, il mobile presenta una forma sobria e arcaicizzante che rimanda ai mobili rustici, tipici dell’arredo contadino, fonte di ispirazione per l’artista sin dall’epoca della sua collaborazione all’allestimento della Capanna dell’Agro Romano, presentata all’Esposizione Internazionale a Roma del 1911. Lo stipo è decorato con alcuni inserti in bronzo realizzati sempre da Cambellotti, come nel caso delle due figure femminili distese, con lo sguardo orientato verso il buco della serratura, che hanno dato il nome allo stipo. Un analogo esemplare della serratura è conservato presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna a Roma. Cofano squadrato realizzato in legno di noce, con sei decorazioni in bronzo modellate in figure femminili.

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