Il Ghirlandaio, attribuito, "Ritratto di Cristoforo Colombo"

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Titolo dell'opera:

Ritratto di Cristoforo Colombo

Acquisizione:

Cevasco, Giovanni Battista 1862 Liguria/ GE/ Genova - donazione

Ambito culturale:

ambito italiano

Autore:

Bigordi, Ridolfo detto (del) Ghirlandaio

Tipologia:

dipinto

Epoca:

1520 - 1520 - XVI

Inventario:

3487

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 53,68; Larghezza: 47,63; Varie: Misure cornice in cm 68, 68

Tecnica:

olio su tela

Ultimi prestiti:

Esposizione universale - New York - 1939

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Descrizione:

Il ritratto di Cristoforo Colombo, eseguito da Ridolfo, figlio di Domenico Bigordi detto il Ghirlandaio (1483-1561), è l'immagine che, con il tempo, si è affermata nell'immaginario collettivo come il volto del Navigatore. Il dipinto venne reperito attorno alla metà dell'Ottocento sul mercato antiquario di Firenze dall'artista genovese Giambattista Cevasco. Sul dipinto si è molto polemizzato nei decenni passati: in particolare si è ritenuto questo ritratto molto differente rispetto ai due tradizionali filoni iconografici colombiani, che si rifanno da una parte al dipinto della Collezione Gioviana (Musei Civici, Como) e dall'altra a quella di Sebastiano dal Piombo (Metropolitan Museum of Art, New York). Va considerato che, a partire dal primo quarto del XVI secolo, si affermano nella ritrattistica di personaggi famosi alcuni canoni formali comuni (il robbone di panno nero, la camicia bianca, il viso rivolto a sinistra). È possibile che Ridolfo - basandosi anche sulla descrizione letteraria delle "Histoire" di Ferdinando Colombo (il colorito acceso, i capelli precocemente imbiancati) - abbia ricavato così un ritratto di fantasia, ma che per le sue qualità formali era in grado di essere apprezzato. Le lettere e la posizione dell'iscrizione sono state paragonate a quella del ritratto di Cristofano dell'Altissimo, conservato alla Galleria Gioviana di Como, che per esteso titola "CRISTO:VS COLOMBO". Il dipinto rappresenta Cristoforo Colombo in primo piano.

corsaletto

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Titolo dell'opera:

Pettorale di armatura

Ambito culturale:

ambito italiano

Autore:

Anonimo

Tipologia:

corsaletto

Epoca:

- XVI

Inventario:

2957

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 45; Larghezza: 35

Tecnica:

acciaio- incisione

Ultimi prestiti:

ex museid

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Descrizione:

Il corsaletto è un genere di corazza, in particolare più leggera di quelle ordinarie ed è solitamente sprovvista di spallacci o fianchi, che proteggeva soprattutto il petto e il ventre, in uso fino al sec. XVII. Gran parte dei pezzi di armature conservate dai Musei del Mare di Genova erano destinate alla difesa personale dei soldati imbarcati sulle galee della Repubblica. Ad esse erano richieste leggerezza e robustezza: dovevano reggere il colpo di un’archibugiata, la stoccata di una lancia o la freccia di una balestra. L’equipaggiamento era ridotto al minimo: il pettorale e il dorsale, vincolati sulle spalle da lacci in cuoio e tenuti insieme da una larga cintura di cuoio. A riparo della testa, il morione o la borgognotta.

Cristoforo Grassi "Veduta di Genova nel 1481"

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Titolo dell'opera:

Veduta di Genova nel 1481

Acquisizione:

1922

Autore:

Grassi, Cristoforo

Tipologia:

dipinto

Epoca:

1597 - 1597

Inventario:

3486

Misure:

Unità di misura: m; Altezza: 2.22; Larghezza: 4.08

Tecnica:

pittura a olio su tela

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Descrizione:

Il dipinto è la più famosa tra le opere che rappresentano la Genova medievale. Si tratta di una copia di un affresco andato perduto, che intendeva celebrare la realizzazione di un’opera monumentale come l’allungamento del Molo Vecchio. Nella parte centrale del dipinto è rappresenttoa il Molo Vecchio di Genova insieme all’antico faro. Gli fanno da corona l’arco portuale e la città che si affaccia a ventaglio su di esso. In basso uno stuolo di galee celebrano il ritorno di Paolo Fregoso – cardinale e doge di Genova – da Otranto, dove aveva partecipato alla spedizione contro i turchi che assediavano la città.

Sala Andrea Doria

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Turbonave "Andrea Doria"

Tipologia:

Ambiente

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L’allestimento è dedicato alla turbonave Andrea Doria, alla sua costruzione, alla sua storia, al naufragio del 26 luglio 1956 e alla discussione che ne seguì in ordine alle responsabilità della collisione. Attraverso ricostruzioni di ambienti della nave e una parte di ponte di passeggiata inclinato a 30°, i visitatori sono invitati a “salire a bordo” e ripercorrere i piani come i passeggeri e l’equipaggio dovettero fare per scampare alla tragedia. Il percorso comprende racconti, foto e interviste e una suggestiva ricostruzione della dinamica dell’incidente che causò il naufragio.

 

SOMMERGIBILE "NAZARIO SAURO S 518"

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Sommergibile "Nazario Sauro S 518 "

Tipologia:

Ambiente

 

Costruito da Fincantieri per la Marina Militare Italiana nel 1976 e dismesso nel 2002, il "Nazario Sauro S518" è oggi l’unico sommergibile italiano visitabile in mare. Voci di equipaggio, motori, sonar, radar, il suono dei lancia siluri accompagnano l’emozionante esperienza.

Nell’estate del 2022 è stata portata a termine un’operazione di grande delicatezza e importanza: il restauro del sommergibile che, a 13 anni dalla sua inaugurazione, aveva la necessità di un “restyling” consistente. Dopo un viaggio di andata e ritorno dall’Arsenale di La Spezia, grazie al coinvolgimento di diversi enti supervisionati dall’Istituzione Mu.MA, il Nazario Sauro è tornato a casa nella Darsena antistante il Galata Museo del Mare, pronto per accogliere tanti nuovi ospiti.

Ad integrazione della visita in acqua, all’interno del Museo è stata allestita un’area che, attraverso numerose attività multimediali, dà la possibilità al visitatore di imparare a muoversi negli spazi ridotti del natante e a pilotare un sommergibile.

 

MEMORIA E MIGRAZIONI

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

SEZIONE MEM – Memoria e migrazioni

Tipologia:

Ambiente

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Il terzo piano del Galata Museo del Mare è quasi interamente dedicato alle migrazioni con il padiglione MeM Memoria e Migrazioni. L’allestimento ricostruisce il percorso migratorio vissuto da 29 milioni di italiani tra la fine dell’800 e i primi decenni del ’900, accompagnando il visitatore nella storia attraverso ricostruzioni, testimonianze e oltre quaranta postazioni multimediali, molte delle quali interattive. La sezione è stata inaugurata in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia.

Sito dedicato: www.memoriaemigrazioni.it

Galea

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Ricostruzione di una galea del 1622

Tipologia:

Ambiente

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Il piano terra del Museo ospita la ricostruzione in scala 1:1 di una galea risalente al 1622. Lo scopo delle Arcate Nuove ancora visibili nell’edificio (poi denominate Quartiere Galata) era quello di armare galee o tirare in secco quelle che necessitavano di riparazioni. Attraverso la scaletta di accesso alla Galea è possibile salire a bordo. Il visitatore, nei panni di un membro della ciurma, viene chiamato da uno dei maestri d’ascia a chiarire la sua identità – schiavo, forzato o buonavoglia? – ed è libero di esplorare l’interno, angusto e pieno di materiali.

 

Filippo Parodi "Le Metamorfosi"

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Filippo Parodi (Genova, 1630–1702)

Tipologia:

Scultura

Tecnica e misure:

Marmo bianco di Carrara e dorature, 102 x 68 x 55 cm

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Questa meravigliosa scultura raffigurante Adone, appartiene alla celebre serie delle Metamorfosi (Adone, Clizia, Venere e Giacinto) che dal Settecento decora la Galleria degli Specchi. Filippo Parodi, il maggiore scultore genovese del Seicento, dopo aver assimilato a Roma la lezione di Gian Lorenzo Bernini, tradusse nel marmo con grande virtuosismo e sensibilità poetica alcuni dei miti tratti dalle Metamorfosi di Ovidio. In questo caso, la serie narra di giovani e ninfe trasformati dagli dei in elementi naturali come accade ad Adone mutato da Venere in un anemone e a Clizia trasfigurata in girasole da Apollo.

Giovanni Battista Gaulli, Autoritratto

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Giovanni Battista Gaulli, detto "il Baciccio" (Genova, 1639 - Roma, 1709)

Tipologia:

Dipinto

Tecnica e misure:

Olio su tela

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Si tratta di uno dei quadri più importanti delle collezioni del Palazzo Reale di Genova, sebbene non ancora apprezzato dal pubblico per la sua collocazione storica, e pertanto mantenuta, in un'area non ancora aperta alla libera fruizione, ma attualmente oggetto di lavori di ripristino che consentiranno di inserire anche queste stanze all'interno del percorso museale.

È considerato uno degli autoritratti noti di questo protagonista del barocco, non a caso definito dalla critica “il Bernini in pittura”. Giovanni Battista Gaulli, detto il Baciccio, genovese di nascita, ma romano d’adozione, aveva infatti collaborato in più occasioni con il celebre scultore proprio nella Capitale. Più ancora di altri suoi autoritratti, questo denota una viva immediatezza dell’immagine, grazie all’inquadratura, alla posa, ma anche alla leggerezza di stesura.

Il dipinto è documentato per la prima volta in un contratto d’acquisto di 31 quadri e 6 sculture da parte di Gerolamo Ignazio Durazzo (1676-1747), allora proprietario del palazzo, dal pittore Domenico Parodi. È di estremo interesse dunque poter attestare la precedente proprietà dell’Autoritratto presso un pittore genovese, alla cui morte, alla fine del novembre del 1742, fu messo in vendita.

Insieme a questa tela il Parodi aveva conservato in casa propria non solo 22 sue tele, ma anche copie da Bassano, Tiziano, Veronese e Guido Reni, quattro paesaggi di scuola fiamminga, due tele attribuite a Domenico Piola, una a Domenico Fiasella e una, appunto, il Ritratto di Gio. Batta Gaulli fatto da lui proprio di palmi 3.

Dopo l’acquisto da parte del marchese Durazzo alcune di queste opere furono collocate in uno degli ambienti più preziosi del primo piano nobile del Palazzo Reale di Genova, il Salotto degli Stucchi Verdi, con i necessari adattamenti di formato: in questo caso un ingrandimento.

Nel tempo, si perdono le tracce dell’identità dell’effigiato e del suo autore: gli inventari sabaudi del XIX secolo lo indicano genericamente come “ritratto” o “ritratto di cavaliere”. Il riconoscimento si deve agli studi di Luca Leoncini ed è storia recente (2001).

Padre Raffaele Migliorini, Paliotto a squame

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Padre Raffaele Migliorini (Genova, 1799-1889)

Tipologia:

Ornamento liturgico

Tecnica e misure:

Paglia dipinta, incollata su carta e riportata su tela, 95 x 170 cm

 

Il centro del paliotto è dominato dallo stemma francescano che campeggia all’interno di una ricca raggiera. La croce è circondata dal motto di San Paolo: “Absit gloriari nisi in cruce” (Non ci sia altro vanto che nella croce), tratto dalla lettera ai Galati. Una cornice profilata da listelli blu è ornata da un festone di fioretti alternati gialli e violetti.

Tutto il rivestimento è di paglia ed è il diverso modo di disporla sul piano (a squame, a spina di pesce, a mosaico) che ottiene gli straordinari effetti cromatici e luministici dati dal verso delle fibre che riflettono la luce in innumerevoli modi differenti.

Il suo stile, così geometricamente rigoroso, è al contempo severo, elegante e aggraziato e rivela una predilezione di stampo razionalistico per il particolare.

Si tratta di un esemplare semplice e sobrio che richiama l’ideale di povertà della vita cappuccina.

L’opera è firmata dall’autore sul verso, sulla faccia alta del telaio: “P.F. Raffaele da Genova 1879”.

 

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