Lazzaro Calvi, Deposizione

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Lazzaro Calvi (Genova, 1518 circa - 1607 circa)

Tipologia:

Dipinto

Tecnica e misure:

Tempera su tavola, 300 x 200 cm

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Solo di recente, e grazie al rinvenimento di alcuni nuovi dati sulla vita e l’attività di Lazzaro Calvi, la produzione di pale d’altare dell’artista genovese, ben nota e tutto sommato consistente, ha trovato una valutazione attenta e obiettiva.

La stessa Deposizione di Portoria, che pure costituisce senza dubbio una delle opere migliori di Lazzaro Calvi, non ha mai ricevuto sufficiente considerazione dalla critica. Non le ha giovato innanzitutto il fatto di avere subito, probabilmente già nella seconda metà del Seicento, un drastico cambio di collocazione, cui dovettero seguire rimaneggiamenti e ridipinture, come si evince dalle brevi annotazioni di Soprani, Ratti e Alizeri, il quale descrive l’opera “non altrimenti che posticcia nella cappella per cui s’ascende alla sacristia” e ritocca in parecchi luoghi.

In realtà, l’incarico di provvedere alla decorazione della propria cappella, a destra del presbiterio, conferito ai due fratelli Calvi - Lazzaro e Pantaleo - dalla famiglia Cavanna, rappresentava per Lazzaro, in particolare, un’occasione molto importante e prestigiosa, che gli consentiva di misurarsi con gli artisti più in auge del momento a Genova - Giovanni Battista Castello, Luca Cambiaso, Andrea Semino -, già chiamati, ben prima di lui, a realizzare parte della decorazione della chiesa dell’Ospedale di Pammatone. Lazzaro, probabilmente non ancora sessantenne, si avvalse dunque di ogni strumento culturale a sua disposizione, cercando di mettere a frutto tutta la sapienza pittorica di cui era provvisto e suggellando il proprio impegno con firma e data (“Lazarus Calvi faciebat 1577”), che egli appose sul margine inferiore della tavola, originariamente destinata all’altare maggiore della cappella.

L’impianto compositivo - con le figure della Madre e del Figlio disposte frontalmente, lungo un’unica direttrice verticale dall’alto al basso, e con due delle pie donne che sorreggono da un lato e dall’altro le braccia di Gesù, le cui gambe inerti si piegano lateralmente ad angolo - è mutuato interamente da un’invenzione di Michelangelo degli anni Quaranta, mediata da una delle incisioni che ne vennero tratte, con ogni probabilità da quelle di Giulio Bonasone o di Nicolas Beatrizet.

La raffinata gamma cromatica è tenuta su toni smorzati, bruni e violacei, che se da un lato descrivono con consumato naturalismo l’ora del giorno in cui si svolge l’episodio evangelico trattato - quella del tramonto e dell’approssimarsi della sera -, dall’altro rivelano la scelta di Lazzaro di condividere la ricerca avviata in quegli anni da Luca Cambiaso, in dipinti quali la Pietà di Carignano, di poco precedente.

L’atmosfera di sospesa meditazione e il muto dialogo interiore fra personaggi ritratti e spettatore ben dimostrano la capacità con la quale Lazzaro seppe farsi interprete delle nuove istanze religiose, allora manifestatesi all’interno della Chiesa romana, a seguito della chiusura del lungo dibattito tridentino. Non può essere trascurata, a tale proposito, la presenza dei Gesuiti in quegli stessi anni all’Annunziata di Portoria: essi infatti, insediatisi in città già da qualche tempo, officiarono la chiesa per circa un trentennio, prima di trasferirsi nell’attuale chiesa del Gesù.
 

 

 

Arca delle ceneri di San Giovanni Battista

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Orefici genovesi (?), seconda metà del XII secolo

Tipologia:

Scultura

Tecnica e misure:

Legno, argento e argento dorato in lamina, gemme, 35 x 60 x 32 cm

 

Si tratta della più antica tra le arche conosciute che abbiano conservato le ceneri di San Giovanni Battista. La forma è a capanna: un parallelepipedo coperto a spioventi decorati con motivi vegetali. I rilievi che la compongono raccontano la vita del precursore.
Nella faccia anteriore sono le scene del martirio: Erodiade istiga Salomè, Erode assiste alla danza di Salomè, il servo porta la testa del Battista, il carnefice sta per attuare la decollazione. Il lato anteriore e i due lati corti sono decorati con pietre preziose, di forma rettangolare e ovale, tagliate a cabochon. Secondo una tradizione tardo-seicentesca l'arca sarebbe un'offerta devozionale dell'imperatore Federico Barbarossa.

Cassa processionale Corpus Domini ph Alessi_

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Argentieri attivi a Genova, metà secolo XVI - inizi secolo XVII

Tipologia:

Scultura

Tecnica e misure:

Argento sbalzato e fuso, 133 x 132,5 x 81 cm

 

L'arca venne realizzata per portare in processione, lungo le vie cittadine, un’ostia consacrata il giorno della festa del Corpus Domini. La commissione spettò alla magistratura dei Padri del Comune nel 1553, ma il lavoro, che coinvolse argentieri genovesi, fiamminghi, tedeschi e lombardi, e comportò anche cambiamenti del progetto, venne portato a termine solo nel 1612.
Alla base sono teste di angeli, nella parte centrale rilievi con le Storie della Passione, dall'Ultima Cena alla Sepoltura di Cristo, alternate dalle figure degli Apostoli. Sul coperchio, seduti su troni, i profeti, e angeli con candelieri e simboli della passione. Sull'ultimo gradino le quattro Sibille, due per parte, in posizione speculare, e a coronare il tutto un ostensorio in forma di ciborio.

Stipo delle ceneri di San Giovanni Battista

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Manifattura fiorentina, fine XVI secolo

Tipologia:

Manufatto di oreficeria

Tecnica e misure:

Cristallo di rocca, argento dorato, oro, pietre dure, granati, perle, smalti, 43 x 61 x 44 cm


Lo stipo, o cassetta, è in argento dorato, decorato da perle e smalti; i piedini, in forma di mostri alati, sono in cristallo di rocca; il piano interno è in commesso di pietre dure. Realizzato nell’ambito delle manifatture granducali fiorentine non per una destinazione sacra – era più credibilmente un portagioielli - lo stipo alla metà del XVII secolo apparteneva al genovese Giovanni Pinceti.
La Protettoria della Cappella di San Giovanni Battista lo acquistò nel 1665 dalle eredi di Pinceti, per quasi quattordici mila lire del tempo, per poi destinarlo all’ostensione delle ceneri del Battista.

Reliquiario del braccio di Sant'Anna

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Orefice bizantino, XIV secolo

Tipologia:

Reliquiario

Tecnica e misure:

Argento dorato, gemme e pietre dure, 45 x 13 x 6 cm

 

Il reliquiario, caratterizzato lungo il fusto da una fitta decorazione detta a repoussè, fu probabilmente fatto realizzare al tempo delle nozze dell’imperatore di Bisanzio Andronico III Paleologo con Giovanna di Savoia (che allora adottò proprio il nome di Anna). Finì di lì a poco nella chiesa della colonia genovese che dal 1273 si era installata nel sobborgo costantinopolitano di Pera.
Nel 1461, dopo la conquista turca della città, i genovesi lo trasportarono in patria ove venne destinato al convento francescano di Nostra Signora del Monte, ove rimase fino al 1810 quando, in seguito alle soppressioni, entrò in possesso della Cattedrale.

 

Pierre Puget "Madonna con Bambino"

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Pierre Puget (Marsiglia, 1620-1694)

Tipologia:

Scultura

Tecnica e misure:

Marmo di Carrara scolpito e polito, 143 x 74 x 78,5 cm

 

Questa scultura, detta anche Madonna Carrega, proviene dal Palazzo di Tobia Pallavicino in via Garibaldi. Si tratta di uno dei capolavori prodotti per Genova dal grande scultore marsigliese, Pierre Puget che nella città, provenendo da Roma, visse una delle stagioni più produttive della sua vita, dal 1661 al 1668, favorendo l’introduzione del barocco nel capoluogo ligure. Questo lavoro, risalente al 1681 circa, dal più alto impatto emotivo, è influenzato dall’opera di Michelangelo (cioè la Madonna di Bruges) e anche dal Bernini. L'artista ha lavorato a lungo a Roma. È interessante notare che il bambino appare come un bambino "normale", grassoccio e colto mentre, felice, cerca l'attenzione di sua madre, mentre Maria guarda in lontananza, certo presagendone il drammatico futuro.

Ludovico Brea "Crocifissione"

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Titolo dell'opera:

Crocifissione con la Madonna, Maria Maddalena e San Giovanni evangelista

Acquisizione:

- deposito

Autore:

Brea, Ludovico

Tipologia:

Scomparto di polittico dipinto

Epoca:

1490 - 1499 - XV

Inventario:

PB 311

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 213; Larghezza: 134

Tecnica:

olio su tavola di pioppo

Ultimi prestiti:

ESPOSIZIONE ARTISTICO ARCHEOLOGICO INDUSTRIALE APERTA NELLE SALE DELL'ACCACEMIA LIGUSTICA - GENOVA - 1868
MOSTRA D'ARTE ANTICA APERTA NELLE SALE DEL PALAZZO BIANCO DESTINATO A SEDE DEL NUOVO MUSEO CIVICO - GENOVA - 1892
LES BREA, PEINTRES NICOIS DES XV ET XVI SIECLE - NICE - 1937
MOSTRA DEI PRIMITIVI MEDITERRANEI - BORDEAUX/ GENOVA/ BARCELLONA - 1952
IL DIPINTO E IL SUO ROVESCIO. PROPOSTA DI LETTURA PER DIPINTI A SUPPORTO LIGNEO DELLA GALLERIA DI PALAZZO BIANCO - GENOVA - 1991

Descrizione:

La tradizione vuole che il polittico sia stato realizzato da Ludovico Brea per Biagio De' Gradi nel 1481, anno del testamento (Soprani 1674, p. 13; Ratti-Soprani 1768, v. L, p.22; Alizeri 1873, v. LI, pp. 291-295). Pur accettando l'attribuzione, gli studiosi ritengono che la crocifissione sia più tarda di circa un decennio. Secondo il testamento gli eredi di Biagio De' Gradi avrebbero dovuto provvedere a completare e a decorare la cappella (De Floriani 1990, p. 39; De Floriani 1991, p. 410; Schwok 2005, pp. 150-151). Tale ipotesi trova conferma anche da un punto di vista stilistico-formale per quanto riguarda l'ampiezza del paesaggio, l'attenzione riservata al gioco di luci e ombre e l'equilibrio della composizione dato dal rapporto spazio-figure (De Floriani 1991, p. 410). Si ritiene che le due tavole raffiguranti rispettivamente San Nicola da Tolentino e San Vincenzo Ferrer con donatore (Praga, Narodni Galerie; cfr. Pujmanova 1987, pp. 84-87; Pujmanova 197, p. 20; De Floriani 1991, p. 410; Tagliaferro 1991, p. 54) e la tavola con San Pietro (scheda 147), appartenessero al polittico della crocifissione. In primo piano Gesù, con un perizoma bianco, la corona di spine sul capo e la ferita del costato sanguinante, è crocifisso a una croce liscia, sulla cui sommità un cartiglio recita: "Gesù Nazareno re dei giudei" in ebraico, greco e latino. Ai lati della croce due angioletti sono sospesi in volo. Ai piedi della croce, Maria Maddalena, con i capelli lunghi biondi che le scendono sulle spalle, indossa un abito di broccato dorato con un mantello rosso bordato d'ermellino. A destra, San Giovanni evangelista, con le mani giunte, vestito di blu e con un mantello purpureo, rivolge lo sguardo verso Gesù. Sul lato opposto, la Madonna è raffigurata con un abito rosso e un mantello blu, bordato d'oro, che le copre il capo avvolto in un velo bianco. Sullo sfondo è dipinto un paesaggio collinare con un fiume e borghi fortificati.

Barnaba da Modena "Madonna con Bambino e Santi"

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Titolo dell'opera:

Madonna con Bambino fra Santa Caterina d'Alessandria e San Nicola, santi e donatori

Acquisizione:

1892 Genova - deposito

Autore:

Agocchiari, Barnaba detto da Modena

Tipologia:

Trittico dipinto

Epoca:

1376 - 1400 - XIV

Inventario:

PB 1739

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 174; Larghezza: 147

Tecnica:

tempera su tela incollata su tavola di pioppo

Ultimi prestiti:

ESPOSIZIONE ARTISTICO ARCHEOLOGICO INDUSTRIALE APERTA NELLE SALE DELL'ACCACEMIA LIGUSTICA - GENOVA - 1868
IL DIPINTO E IL SUO ROVESCIO. PROPOSTA DI LETTURA PER DIPINTI A SUPPORTO LIGNEO DELLA GALLERIA DI PALAZZO BIANCO - GENOVA - 1986
EL SIGLO DE LOS GENOVESES E UNA LUNGA STORIA DI ARTE E SPLENDORI NEL PALAZZO DEI DOGI - GENOVA - 1999

Descrizione:

Precedentemente attribuito alla bottega di Barnaba da Modena o a un anonimo, oggi il dipinto è concordemente inserito nel corpus di opere dell'artista modenese, come attestato dall'iscrizione posta nella parte inferiore della tavola centrale. Durante il restauro del1985 non è stato possibile recuperare la data di esecuzione (Tagliaferro 1991, p. 64). A questo proposito, Franco Pesenti ritiene che l'opera sia stata realizzata intorno al 1370, mentre Giuliana Algeri, Laura Tagliaferro e Clario Di Fabio hanno posticipato la datazione di circa un decennio. Questi ultimi, infatti, identificano nei due donatori rappresentati negli scomparti laterali il Doge Nicolò Guarco e la moglie Lina di Francesco Onza d'Oro di Coronata (Pesenti 1987, p. 56; Algeri 1991, pp. 90-91; Tagliaferro 1991, pp. 64-65; Di Fabio 1999, p. 62). Il polittico proviene dalla chiesa di SS. Giacomo e Filippo, cui probabilmente era stato destinato dai committenti, come confermerebbero la presenza di una santa domenicana, di Santa Caterina d'Alessandria, patrona dei Domenicani, e di San Nicola di Bari, il cui braccio era conservato nel convento genovese. Problematiche sono l'identificazioni delle due sante raffigurate nelle cuspidi laterali. Secondo Laura Tagliaferro la santa domenicana potrebbe essere Margherita d'Ungheria, Sant'Agnese da Montepulciano o Santa Caterina da Siena, mentre Giuliana Algeri e Clario Di Fabio proponendo per la prima ipotesi. La santa della cuspide sinistra è invece variamente identificata come una vergine del seguito di Sant'Orsola, come Santa Margherita di Antiochia o genericamente come una santa martire (Algeri, 1991, pp. 90-91; Tagliaferro 1991, p. 65; Di Fabio 1999, p. 62). La pala d'altare è suddivisa in tre scomparti, centinati, lobati e sormontati da cuspidi mediante colonnine. Nello scomparto centrale è rappresentata la Madonna col bambino. La Vergine, girata di tre quarti a sinistra e con lo sguardo rivolto verso l'osservatore, indossa una veste rosso scuro e un mantello blu, di cui si intravede la parte interna color oro; un velo trasparente le cinge il capo e ricade sul petto formando un soggolo. Avvolge il Bambino col braccio destro e lo regge con l'altra mano. Gesù, vestito con una tunica rosa bordata sull'orlo da un gallone dorato, accarezza con la mano destra un cardellino posato sul suo braccio sinistro. In basso un'iscrizione a caratteri d'oro recita: "BARNABAS DE MUTINA PINXIT...". Nello scomparto destro San Nicola di Bari è rappresentato in piedi, in abiti vescovili, rivolto verso la Madonna e il Bambino. Il santo regge un libro nella mano sinistra e il pastorale nella destra. Ai suoi piedi è inginocchiato il donatore, raffigurato di profilo con le mani giunte, in abiti rossi e con un copricapo dello stesso colore. Nella cuspide al di sopra una santa martire coronata è rivolta verso la cuspide centrale, con le mani giunte veste un abito e un mantello rosa. Nello scomparto sinistro, Santa Caterina d'Alessandria tiene la palma del martirio nella mano destra e un libro aperto nella sinistra. La santa, velata, indossa un abito blu con quattro bottoni sul petto e un manto rosa bordato di oro. Ai suoi piedi è raffigurata la donatrice, una giovane inginocchiata dai capelli biondi, con un abito rosso il mantello rosso e oro e le mani giunte; anch'essa è rivolta verso la tavola centrale. In alto, una santa domenicana tiene un crocifisso nella mano sinistra e un cuore nell'altra mano; lo sguardo è rivolto verso la cuspide centrale dove sono rappresentati Cristo crocifisso, la Madonna e San Giovanni Evangelista. Quest'ultimo, con una veste blu e il mantello rosa, è inginocchiato accanto alla croce con il busto piegato in avanti. Dalla parte opposta la Madonna, con la fronte coperta dal mantello, è seduta e ha il capo rivolto verso sinistra. Indica con la mano destra Cristo, rappresentato con un perizoma bianco e il capo reclinato verso la spalla destra, inchiodato a una croce con un suppedaneo in basso e un cartiglio nella parte superiore.

Giovanni Pisano "Elevatio corporis di Margherita di Brabante"

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Titolo dell'opera:

Margherita di Brabante, regina dei romani, sollevata al cielo da due angeli

Acquisizione:

Duchessa di Galliera Genova - legato

Autore:

Pisano, Giovanni

Tipologia:

monumento funebre

Epoca:

1313 - 1313 - XIV

Inventario:

PB 2100

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 73,5; Larghezza: 64; Profondità: 30,5; Varie: Misure angelo destro: 68.3 x 24.5 x 33.5 cm (h x L x P). Misure angelo sinistro: 78 x 29.7 x 33.8 cm (h x L x P).

Tecnica:

marmo bianco apuano scolpito

Ultimi prestiti:

Kaiser Karl IV. 1316-2016 - Praga, National Gallery, Waldstein Riding School - 15/05—25/09 2016

Descrizione:

Il gruppo dell'elevatio animae di Margherita di Brabante è una delle sculture medievali più celebri. Venne commissionata a Giovanni Pisano, il più importante scultore dell’epoca, dall’Imperatore Enrico VII come tributo all’adorata moglie Margherita di Brabante che morì a Genova all’età di 36 anni la notte del 13 dicembre 1311. Il monumento funebre fu eretto nella chiesa di San Francesco di Castelletto e collocato nell'abside. Successivamente alla fine del XVI secolo (ante 1602) fu smembrato e reimpiegato nella cappella di San Francesco della stessa chiesa. Con la demolizione dell'edificio sacro agli inizi del XIX secolo, il gruppo fu trasferito dalla famiglia Brignole Sale a villa Duchessa di Galliera di Voltri dove rimase fino agli anni '70 dell'Ottocento, quando fu riscoperto da Santo Varni. Frammento del monumento funebre di Margherita di Brabante, in cui è rappresentata l'elevatio animae. Il corpo glorioso della regina, che rivolge lo sguardo al cielo, è sollevato da due da due angeli acefali.

Pallio di San Lorenzo

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Titolo dell'opera:

Pallio di San Lorenzo

Ambito culturale:

ambito bizantino

Autore:

Laboratorio tessile della corte bizantina di Nicea

Tipologia:

sciàmito

Epoca:

1261 - 1262 - XIII

Inventario:

PB 2073

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 132.3; Larghezza: 378.5

Tecnica:

seta ricamato con fili di seta colorati, fili ricoperti di lamina d'argento e di lamina d'argento dorata

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Descrizione:

La voglia di rivincita di Genova, sconfitta e scacciata da Acri nel 1258 dai rivali veneziani e pisani, e dell’Impero Bizantino, privato della propria legittima capitale in forza della IV crociata, nel 1204, si saldano il 13 marzo 1261 quando viene siglato il Trattato di Ninfeo, finalizzato a garantire all’Imperatore Michele VIII Paleologo l’appoggio della flotta genovese nella riconquista di Costantinopoli e, ai genovesi, l’acquisizione di grandi vantaggi commerciali nel territorio imperiale. Per suggellare l’accordo, Michele VIII dona ai genovesi due tessuti: uno che riproduce la sua immagine e del quale si perdono le tracce, e uno costituito dal magnifico Pallio di San Lorenzo.
Il Pallio è un capolavoro unico al mondo per l'ineguagliabile qualità del ricamo (sciamito significa “a sei fili”, a indicare la complessità dell’armatura, in genere formata da due orditi e da due o quattro trame), realizzato con sete policrome e con fili d’oro e d’argento, ma anche per la straordinaria quantità di informazioni che fornisce sulla storia di Genova, sulla storia dell’Impero Bizantino, sui rapporti fra questi due attori fondamentali nella storia del Mediterraneo, sulla religiosità occidentale e orientale in un momento a metà strada fra scisma e tentata riunificazione delle due chiese.
Il Pallio rimase in Duomo fino al 1663 per poi essere spostato nel Palazzo dei Padri del Comune, a metà dell’Ottocento a Palazzo Tursi, e infine ai primi del XX secolo trasferito a Palazzo Bianco. Successivamente venne collocato nel Museo di Sant’Agostino, dove ritornerà a conclusione dei lavori. Il Pallio narra, con un linguaggio stilistico già preconizzante i modi della cosiddetta “Rinascita Paleologa”, la storia e i martìri dei tre santi occidentali, Lorenzo, Sisto e Ippolito. La narrazione si svolge su due registri; a centro dell’imponente sciamito serico è riprodotta un'immagine cardine dell'Imperatore stesso che, accompagnato da San Lorenzo e dall’arcangelo Michele, entra nella cattedrale genovese, dedicata a San Lorenzo. Il Paleologo viene posto in stridente contrasto con l'imperatore romano Decio, persecutore di cristiani e protagonista delle storie rappresentate assieme ai tre Santi martiri.

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