Grammofono di Riccardo Mannerini

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Grammofono di Riccardo Mannerini

 

Grammofono “Gallorini Oreste” (1920) in legno di ciliegio intarsiato, appartenuto a Riccardo Mannerini, poeta genovese amico di Fabrizio De André con cui il cantautore ebbe un'intensa collaborazione che portò alla realizzazione di album come “Senza orario, senza bandiera” (1967) dei New Trolls e “Tutti morimmo a stento” (1968) in cui la poesia di Mannerini “Eroina” diventa “Il cantico dei drogati”.

 

Pagelle, diplomi e registri scolastici di Fabrizio De André

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Pagelle, diplomi e registri scolastici di Fabrizio De Andrè

 

Pagelle, diplomi, registri scolastici e foto di classe che attestano il percorso di studi compiuto dall'alunno Fabrizio Cristiano De André (Sez. A) presso il Liceo Cristoforo Colombo che frequentò fino alla maturità sostenuta nel 1959 dopo aver riparato in latino, greco e filosofia.

La chitarra di Fabrizio De André

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La chitarra di Fabrizio De André

 

La Esteve '97 di Fabrizio De André, è una delle storiche chitarre appartenute al cantautore genovese e che lo accompagnò nel suo ultimo tour 1997/98.
Realizzata nella piccola fabbrica artigiana di Alboraya (Valencia) che un tempo fu il laboratorio di Francisco Esteve e Manuel Antonio Monfort Adalid, lo strumento arrivò a Genova, in Via del Campo. L'asta, conclusasi il 6 gennaio 2001, valse a Emergency 168 milioni e mezzo delle vecchie lire con i quali fu costruita una corsia dell'Ospedale di Goderich (Sierra Leone) che porta il nome della celebre strada cantata da Faber in una delle sue più celebri canzoni.

 

La vista dalle torri

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La vista dalle torri

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La salita in cima a una delle due torri che fiancheggiano il fornice di Porta Soprana è decisamente impegnativa, ma merita!

Verso Levante si vede la città moderna: Piazza Dante, la cui costruzione ha comportato la demolizione della Chiesa e abbazia di Sant'Andrea, e la Torre di Marcello Piacentini, che, inaugurata nel 1940, è stata uno dei primi grattacieli d’Europa.

Verso Ponente la città medievale si presenta in tutto il suo fascino, con il suo declivio di tetti e campanili che proiettano lo sguardo verso il mare, il porto, la Lanterna, simbolo di Genova.

Proprio di fronte alla torre sud, cioè quella che si trova a sinistra entrando dalla porta, si vede un alto palazzo in mattoni. È la Turris matonorum dei Fieschi, una delle famiglie più potenti in città che aveva costruito il proprio presidio, sottolineando l’importanza di questo accesso alla città. Da lì i Fieschi potevano controllare chi entrava – gli alleati guelfi o i nemici ghibellini - ma, soprattutto, prima di tutti potevano concludere buoni affari con i mercanti provenienti da est, che scendevano per i valichi degli Appennini provenendo dall'area padana di Piacenza e Reggio.

 

 

Le torri

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Le torri

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Le due torri slanciate di Porta Soprana sorvegliano la parte orientale della città da oltre otto secoli. In realtà, torri così alte non avevano una solida valenza difensiva, ma, con la loro imponenza, servivano quasi più da monito per gli eventuali nemici, come nel caso della lapide del 1155 murata presso l’arco della porta che invita il visitatore a portare pace e non guerra.

Le vicende della Porta Soprana, con le sue torri, sono strettamente connesse all'evoluzione urbanistica della zona.
Nel 1892 vi fu un importante intervento di restauro per cui si incaricò Alfredo d'Andrade, un architetto di origine portoghese a lungo attivo in Genova e impegnato nella difesa dei monumenti cittadini.I lavori furono proseguiti dai suoi successori fino al 1935, liberando la struttura originale da tutte le pesanti sovrapposizioni stratificatesi nei secoli e che ne avevano nascosto l’elegante e puro aspetto medievale.

Mura

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Mura

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La prima cinta muraria medievale di Genova risale al IX secolo, nel periodo carolingio.
Sotto la minaccia di un attacco da parte di Federico Barbarossa, fra il 1155 e il 1158, si decise di erigere in tutta fretta le nuove mura. Di queste fanno parte le due imponenti porte superstiti: Porta dei Vacca, a occidente, e Porta Soprana, a Oriente. A differenza delle precedenti, queste proteggevano una più ampia zona, di circa 55 ettari, rispetto ai 20 della città murata carolingia. Ma, in realtà, queste pur possenti mura, con porte, torri e portelli, non servirono. Genova era difesa dalle sue navi che dominavano i mari. Le mura furono, quindi, anche un atto simbolico per una città potente e orgogliosa con cui Federico Barbarossa dovette venire a patti.

 

Interno  casa di Colombo

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Interno Casa di Colombo

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All'interno della Casa di Colombo si possono osservare alcuni dettagli interessanti, per farsi un’idea della vita in una casa del Medioevo.
A destra dell’ingresso il vano, attualmente adibito a biglietteria, era in origine il tipico spazio adibito a bottega: piccola, nel caso dei Colombo, dove il padre di Cristoforo vendeva tessuti e, in seguito, formaggi. Nel vano retrostante, incassato nell'angolo a sinistra, si nota una pietra lavorata rozzamente: è chiaramente un focolare. Ben diverso dalle enormi “caminate” che costituivano lo spazio più vivo delle case aristocratiche. È possibile che le operazioni di cottura avvenissero su quel modesto fornello e che il pasto si svolgesse, invece, nei vani un po’ più ampi del piano soprastante. Infine, sempre al piano terra, si noti una specie di "impluvium" per la raccolta di acqua e, immediatamente a fianco, una rozza latrina, indicazione eloquente del concetto di igiene del tempo.

 

Casa di Colombo

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Casa di Colombo

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Questa piccola dimora è stata individuata nell'Ottocento come abitazione della famiglia Colombo nel periodo fra il 1455 e il 1470, quando Cristoforo aveva fra i 4 e i 9 anni. Non era certo una dimora di lusso: al piano terra piccoli spazi dedicati a bottega e cucina con un invaso per raccogliere l’acqua e una rudimentale latrina, al piano superiore due ambienti non grandi, forse per consumare i pasti e per la notte.

L’edificio venne danneggiato durante il bombardamento cui il Re Sole, nel 1684, sottopose la città. Fu l’unico ad essere ricostruito, per l’importanza di chi lo abitò, anche durante le demolizioni che interessarono l’area negli anni ’30 del secolo scorso.

Si tratta di un piccolo memoriale del grande navigatore, al cui interno alcuni pannelli e materiale ne raccontano la storia e, soprattutto, la quotidianità.

 

Capitelli figurati - Ph. Alessi

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Capitelli figurati

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Il chiostro di Sant'Andrea, dopo lo smontaggio avvenuto nel 1905, venne ricollocato nel 1922 nell'area adiacente alla Casa di Cristoforo Colombo, dove tuttora è possibile ammirarlo, sia pure in un contesto completamente differente dall'originario. Molto suggestivi sono i capitelli figurati, databili alla metà del XII secolo, reimpiegati nel corso della ristrutturazione del 1294, assieme a capitelli di gusto ormai schiettamente gotico.

Entrando nel chiostro, si possono notare gli angeli benedicenti sui capitelli d’angolo che, con la destra alzata, benedicono l’arrivo. Chi avrà pazienza di cercare, troverà un capitello, al lato destro di quello molto evidente con colonnine, che presenta un chiaro riferimento alla vita economica genovese nel Medioevo: una carovana di muli con il loro basto.

Chiostro di sant’Andrea

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Chiostro di Sant’Andrea

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Fra il 1900 e il 1906 la Chiesa monastica e parrocchia di Sant'Andrea della Porta, databile nel suo primo impianto all'inizio del Mille, viene completamente demolita, assieme al colle sul quale si trovava, per consentire la ristrutturazione urbanistica dell’area e la costruzione del Palazzo della Banca d’Italia.

L’unica parte che si decise di salvare fu il chiostro medievale: fu smontato e ricollocato circa vent'anni dopo nell'attuale collocazione.  

Il chiostro nasceva probabilmente con l’edificio stesso o poco tempo dopo, come dimostrano i capitelli figurati di schietta impronta romanica, databili alla metà del secolo XII. Probabilmente, però, vi fu un intervento consistente verso la fine del secolo XIII: documenti del 1294 attestano lavori importanti in cui probabilmente si utilizzarono i vecchi capitelli figurati aggiungendone alcuni nuovi, di stile gotico, decorati con semplici foglie.  

 

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