Atto di Resa delle truppe tedesche, firmato a Genova (Villa Migone), il 25 aprile 1945
La Liberazione di Genova avvenne a seguito dell’insurrezione avviata nella notte del 23 Aprile e terminata nella serata del 26 aprile 1945, con l’arrivo dei primi contingenti delle truppe alleate, che giunsero in città la mattina del 27. Unico caso in Europa, a Genova un intero contingente militare tedesco, al comando del generale Gunther Meinhold, si arrese alle forze della Resistenza, senza alcun intervento bellico alleato. Il Generale Meinhold era stato raggiunto nel suo quartier generale a Savignone dal professor “Stefano” (Carmine Romanzi), che gli consegnò due lettere, una del Cardinal Boetto e l’altra contenente la proposta di resa avanzata dal Comitato di Liberazione Nazionale (C.L.N.).
Accolta la trattativa e consegnata la sua pistola al professor “Stefano”, il Generale venne scortato a Genova, a Villa Migone, dove incontrò i rappresentanti del C.L.N. e alle 19,30 del 25 Aprile 1945 firmò la resa.
L’ordine di consegnare le armi impartito dal generale tedesco trovò l’opposizione da parte dei reparti della Kriegsmarine, comandata dal capitano di vascello Max Berninghau.
Il conseguente rifiuto di arrendersi ai partigiani e la condanna a morte di Meinhold determinarono il protrarsi dei combattimenti fino a tutto il 26 aprile quando, in serata, cominciarono ad arrivare le prime avanguardie delle truppe alleate, che entrarono in città la mattina del 27.
Il 4 novembre 1945 su disposizione dell’allora Sindaco Vannuccio Faralli, l’esemplare originale dell’Atto di Resa delle truppe tedesche qui esposto fu trasferito al Museo del Risorgimento, affinché vi fosse conservato.
Il 1° agosto 1947 venne conferita alla città di Genova la Medaglia d'oro al Valor militare, con la seguente motivazione:
Amor di Patria, dolore di popolo oppresso, fiero spirito di ribellione, animarono la sua gente nei venti mesi di dura lotta il cui martirologio è nuova fulgida gemma all'auro serto di gloria della "Superba" repubblica marinara. I 1963 caduti il cui sangue non è sparso invano, i 2250 deportati il cui martirio brucia ancora nelle carni dei superstiti, costituiscono il vessillo che alita sulla città martoriata e che infervorò i partigiani del massiccio suo Appennino e delle impervie valli, tenute dalla VI Zona operativa, a proseguire nella epica gesta sino al giorno in cui il suo popolo suonò la Diana della insurrezione generale. Piegata la tracotanza nemica otteneva la resa del forte presidio tedesco, salvando così il porto, le industrie e l'onore. Il valore, il sacrificio e la volontà dei suoi figli ridettero alla madre sanguinante la concussa libertà e dalle sue fumanti rovine è sorta la nuova vita, santificata dall'eroismo e dall'olocausto dei suoi martiri.
9 Settembre 1943 - Aprile 1945