vaso da AC

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Ceramica impressa neolitica

Tipologia:

Manufatto

Tecnica e misure:

Terracotta

La più antica ceramica neolitica ritrovata nelle grotte liguri e risalente a oltre 7000 anni fa, in particolare nella caverna delle Arene Candide, mostra un notevole repertorio di motivi impressi sull’argilla cruda e per questo è chiamata dagli archeologi “ceramica impressa”. I vasi venivano decorati utilizzando dita e unghie oppure utensili come punte e schegge di pietra, bastoncini e il bordo delle conchiglie, in particolare le valve del Cardium che lasciano il tipico motivo a piccole onde. I frammenti esposti in museo sono fra i più antichi di questa cultura: comprendono impressioni verticali di unghie, digitazioni, pizzicature, tratti dentellati, tacche lineari e molti altri tipi di decorazioni neolitiche.

Ocra rossa

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Blocco di ocra rossa e macinello in pietra

Tipologia:

Minerale e manufatto

Tecnica e misure:

Ocra e pietra

Questo colorante naturale, derivato da un ossido di ferro, è piuttosto diffuso in natura. Nella preistoria europea veniva utilizzato per dipingere animali e scene di caccia sulle pareti delle caverne.  Troviamo l’ocra e macinelli per triturarla anche nelle sepolture paleolitiche della Caverna delle Arene Candide: il pigmento in polvere è stato cosparso sul terreno di sepoltura così le ossa e gli oggetti di corredo con il passare del tempone hanno assorbito la colorazione. Tracce di ocra rossa si trovano anche all’interno dei vasi di terracotta neolitici, su pestelli in pietra usati per triturarla e sulle pintaderas, gli stampini usati per imprimere disegni e tatuaggi su tessuti e pelle. Questo blocco di ocra e il macinello in pietra risalgono al Neolitico, oltre 6000 anni fa.

Palco d'alce

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Palco d'alce

Tipologia:

Resti di fauna

Tecnica e misure:

Corno

Descrizione:

Il grande palco d’alce, oggi esposto al primo piano del museo, è stato scoperto in un’area di sepoltura all’interno della Caverna delle Arene Candide accanto alla sepoltura di un ragazzo vissuto nel Paleolitico. Qui, in due fasi diverse, vennero sepolti una ventina di individui vissuti in Liguria alla fine dell’era glaciale, 12.000-11.000 anni fa circa.  Il palco di alce, per la sua vicinanza all’area sepolcrale, doveva avere un significato rituale. Ancora oggi questo animale, che vive nelle regioni sub-artiche, è simbolo di coraggio e potenza presso alcune culture tradizionali.

Vasi a bocca quadrata neolitici

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Vasi a bocca quadrata

Tipologia:

Manufatti

Tecnica e misure:

Terracotta

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Descrizione:

I vasi dalla tipica imboccatura quadrata vengono realizzati dagli agricoltori e allevatori neolitici circa 6000 anni fa e dalla loro forma prende il nome la Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata, presente in buona parte dell’Italia Settentrionale (Liguria, Piemonte, Emilia, Trentino, Veneto). Il repertorio comprende tazze, scodelle e fiaschi decorati con tre diversi stili: geometrico-lineare, meandro-spiralico, a incisioni e impressioni. Alcuni sono esposti al piano terra e al primo piano del museo e sono stati scoperti in numerose grotte del Finalese.

Statuina neolitica AC

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Statuina neolitica

Tipologia:

Scultura

Tecnica e misure:

Terracotta

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Descrizione:

Questa statuina femminile, scoperta nella Caverna delle Arene Candide risale al Neolitico, manca della parte inferiore, ha il torso appiattito e seni piccoli.  La testa è compressa e allargata con due fori per gli occhi. Queste statuine in terracotta realizzate dagli agricoltori e allevatori neolitici sono state ritrovate anche in Liguria così come in diverse regioni del bacino del Mediterraneo e dell'Europa continentale. 

Le statuine femminili sono spesso a tutto tondo, con gambe e seni accentuati e viso poco dettagliato. Diversi esemplari di questo tipo provengono dalla caverna delle Arene Candide. In alcuni casi sono presenti anche tracce di colore, ad esempio per realizzare la capigliatura.

Gli studiosi ricollegano questi oggetti all'idea della dea madre e alla rinascita della vita vegetale legata alle attività agricole.

Ragazzo con le Conchiglie dalla Caverna Pollera

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Ragazzo con conchiglie dalla Caverna Pollera

Tipologia:

Sepoltura

Tecnica e misure:

Ossa umane, conchiglie, lastre di pietra

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Descrizione:

E’ un ragazzo di circa 18 anni vissuto nella Caverna della Pollera 6500 anni fa circa. E’ stato sepolto all’interno di una cassa di lastre di pietra di grandi dimensioni, lastre coprivano anche le gambe ma non la parte superiore del corpo. Sono presenti anche blocchi di medie e piccole dimensioni.

Il ragazzo è sdraiato sul dorso con le gambe flesse lateralmente e il braccio sinistro posto sotto la testa, in una posizione tipica della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata che si sviluppa nel pieno Neolitico in Liguria e in parte dell’Italia Settentrionale.

Sopra le lastre di pietra sono presenti numerose conchiglie (Spondylus,  già Triton ora Charonia, Glycimeris, Cardium) raccolte sulle spiagge e lavorate nella grotta per realizzare monili, attrezzi, trombe, ami.

Anziano neolitico caverna Pollera

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Anziano neolitico dalla Caverna Pollera

Tipologia:

Scheletro

Tecnica e misure:

Ossa umane

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Descrizione:

Lo scheletro, in buone condizioni di conservazione, mostra che questo individuo tra i 50 e i 70 anni quando muore 6500 anni fa e viene sepolto . Il suo corpo porta i segni del tempo e di una esistenza non facile: una frattura alla spalla destra, forse dovuta ad una caduta, che non è stata immobilizzata completamente, perdita dei denti, problemi alle articolazioni della colonna vertebrale dovuti all’età e all’intensa attività fisica, un trauma craniale che è probabile sia stato curato in maniera abbastanza efficace da consentirgli di sopravvivere.

Oltre allo scheletro è arrivata a noi solo un’ascia in pietra verde, molto consumata dall’uso, che probabilmente era uno strumento personale del defunto. L’ascia è uno strumento di lavoro abituale tra le popolazioni neolitiche, è ritenuta un simbolo maschile perché ritrovata solo nelle sepolture di uomini in questa e altre culture preistoriche.

Hokusai “La grande onda”

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Titolo dell'opera:

Nel cavo d'onda al largo di Kanagawa

Acquisizione:

Collezione Edoardo Chiossone 1898

Autore:

Katsushika, Hokusai

Epoca:

1801 - 1850

Inventario:

S-2583/13

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 26; Larghezza: 37.6

Tecnica e misure:

Xilografia policroma nishikie in formato grande orizzontale (ōban yokoe), inchiostro e colori su carta, 26 x 37,6 cm

Ultimi prestiti:

Hokusai. Sulle orme del Maestro - Roma, Museo dell'Ara Pacis, Spazio esp. Ara Pacis - 12 ottobre 2017 – 14 gennaio 2018
Dipinti e stampe del Mondo Fluttuante. Capolavori Ukiyoe del Museo Chiossone di Genova - Genova, Palazzo Ducale - 16 aprile – 21 agosto 2005

Descrizione:

Universalmente nota come "La grande onda", questa stampa è la più popolare della serie "Trentasei vedute del Monte Fuji" e rappresenta un caso altamente innovativo nella storia del vedutismo ukiyo-e, "l'arte del mondo fluttuante", produzione artistica destinata al pubblico borghese del Periodo Edo (1600–1867). Divenuta celeberrima in Occidente alla fine del secolo XIX grazie alla diffusione del Giapponismo, questa potente veduta fu molto amata dagli impressionisti e continua ancor oggi a influenzare il design, il marketing e la pubblicità. La composizione è costituita da tre elementi principali: il mare in tempesta, le barche e il monte Fuji. Le imbarcazioni sono denominate oshiokuri-bune, chiatte lunghe 12/15 metri utilizzate per il trasporto del pesce ancora vivo. Ogni imbarcazione è manovrata da otto rematori e trasporta due passeggeri. Questa stampa può essere considerata l'immagine iconica della moderna contrapposizione tra uomo e natura. La grande onda che mette in difficoltà i marinai è un'immagine della natura che sovrasta l'uomo, e contrasta con l'altro grande elemento naturale dell'opera: la montagna vulcanica del Fuji, simbolo nazionale del Giappone. L'artista divenne famoso per i suoi paesaggi creati utilizzando una tavolozza di indaco e blu di Prussia importato.

Materie prime dal Tirreno

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Risorse litiche dal Tirreno

Tipologia:

Campioni di rocce e minerali

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Descrizione:

La varietà di rocce e materie prime dell’area tirrenica è straordinaria.  Nel corso del tempo molte di esse per ragioni legate a distanza, difficoltà di reperimento, tecniche di lavorazione e opere realizzate, sono diventate dei veri e propri “tesori”. Basti pensare al marmo di Carrara, bianco e di grana fine, ancora oggi estratto sulle Alpi Apuane. L’attività estrattiva del marmo si sviluppò intensamente in età romana quando con questo materiale vennero costruiti i principali edifici pubblici di Roma e del suo impero. Poiché l’esportazione avveniva tramite il porto di Luni (SP), i Romani lo chiamavano “marmo lunense”.  Oltre al marmo selce, diaspro, pietre verdi, ossidiana, ocra rossa, ma anche metalli come rame e ferro, tutti provenienti dall’area tirrenica, sono stati lavorati dall’uomo sino dai tempi più antichi per realizzare attrezzi, armi, edifici, sculture e gioielli.

Stele di Apollonia

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Titolo dell'opera:

Stele di Apollonia

Ambito culturale:

ambito greco

Autore/ Manifattura/ Epoca:

Stele di Apollonia

Tipologia:

stele

Epoca:

III a.C. - 300 a.C. - 225 a.C.

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 37; Larghezza: 34; Profondità: 7

Tecnica:

marmo

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Descrizione:

Stele funeraria quadrangolare con coronamento a frontoncino scolpito a basso rilievo su cui è incisa in greco una scritta dedicatoria al demos, tipica delle steli smirniote. Sotto il frontone l'iscrizione principale ricorda Apollonia, figlia di Potamon e moglie di Archippos. Al centro dell'opera è scolpita a bassorilievo con martellina la scena figurata: a sinistra una figura femminile seduta su un trono, con indosso un chitone legato sotto il petto e coperta sul capo da un mantello che scosta dal volto con la sinistra, riconducibile al tipo della cosiddetta pudicitia. Al centro un altare cilindrico, decorato in alto e in basso da una cornice a cordoncino. A destra una figura di dimensioni minori, un inserviente, con indosso un chitone legato sotto il petto e un apoptigma che arriva sopra il ginocchio. Il braccio sinistro scende lungo il corpo, e il destro, abraso, doveva essere proteso in avanti. Si tratta di una scena di eroizzazione della defunta, che viene rappresentata come una dea mentre una serva compie un sacrificio in suo onore. Da Porta Soprana a Genova.

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