Dalla sala degli artisti attivi a Venezia si accede nello spazio dedicato ad alcuni protagonisti delle esperienze più significative che si attuarono tra Lazio, Campania, Abruzzo e Francia. Ci si riferisce ai nomi dei fratelli Giuseppe e Filippo Palizzi, e dei quasi coetanei Antonio Mancini (Albano Laziale 1852 – 1930) e Francesco Paolo Michetti (Tocco di Casauria 1851 – Francavilla al mare 1929).
Giuseppe Palizzi (Lanciano 1812 - Parigi 1888), formatosi in seno all'ambiente accademico napoletano, abbandonò presto l'Italia per raggiungere la capitale francese e stabilirsi ai margini della foresta di Fontainbleau, guardando in modo particolare ai paesaggisti della Scuola di Barbizon. Splendida tela misurata su un fresco naturalismo e ascrivibile agli anni Ottanta dell'Ottocento, la Pastorella al monte fu acquistata da Luigi Frugone, con l'Amaca di Giuseppe De Nittis, per la significativa somma complessiva di lire 60.000, presso la collezione di Antonio Fradeletto, segretario generale della Biennale di Venezia dal 1895 al 1919, grazie alla mediazione di Stefani. Accanto all'opera di Giuseppe, compaiono anche due dipinti di Filippo Palizzi (Vasto 1818-Napoli 1899), cui lo legò un intenso scambio epistolare: Stalla con due asinelli e tre figure del 1871 e Gli amici del 1872, accattivante dipinto di sicura esecuzione che rivela la restituzione lenticolare e quasi tattile di quel valori misurati sul vero in natura cui aveva aderito sin dalla frequentazione, a Firenze, degli ambienti artistici macchiaioli, pur perseguendo poi soluzioni cromatiche diverse.
Con alcune sculture di Vincenzo Gemito - una tiratura post mortem del suo Acquaiolo e due testine in bronzo forse rinettate dallo stesso scultore - sono esposti un Bacco bambino di Cesare Ravasco e una bella cera di Domenico Trentacoste, direttamente tratta dal gesso o dal marmo del 1896 oggi conservati, rispettivamente, alla Civica Galleria d'Arte Moderna di Torino e alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma. Chiudono la visita a questa sala due opere di Francesco Paolo Michetti, il celebre pittore abruzzese che fissò in lastre fotografiche, oggi conservate presso la Fondazione Alinari di Firenze e la Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma, tutto il suo repertorio di genere e di paesaggio prima di dipingerlo. La raffinata e maliziosa Fanciulla abruzzese, databile agli anni Ottanta dell'Ottocento per il tono decadente che la connota, ritrae una bimba dai biondi capelli spettinati e leggeri come una spuma, vestita a festa, con orecchini, collanina di semi, croci e medagliette al collo, un mazzolino di fiori di campo in mano. Una figura ricorrente nelle opere dell'artista abruzzese, che fu amico e protettore di Gabriele D'Annunzio, illustratore delle sue tragedie, nonché animatore di un colto cenacolo di artisti, letterati e musicisti nel sua dimora-atelier al Conventino di Francavilla sul Mare. La qualità del dipinto è esaltata dalla preziosità dell'antica cornice francese. Al 1888 circa è da riferire una tela dipinta su recto e verso con alcuni volti di grande intensità: sul recto, una testa femminile dallo sguardo immerso in una liquida e struggente malinconia, realizzata a tempera e pastello in colori rigorosamente bianchi e neri, quasi fosse un fotogramma del cinema muto. Sul verso della tela si vedono vari volti, tra cui quello, magnifico, del suo amico Carmelo Errico, poeta, avvocato, musicista e amico di D'Annunzio, frequentatore del cenacolo michettiano.