Il passaggio dalle arti decorative al design industriale, che in Italia si impose definitivamente solo con il secondo dopoguerra, è suggerito all’interno della Wolfsoniana dall’evoluzione dei mezzi di trasporto: dalla bicicletta della ditta Giuseppe Bianchi di Firenze, con i cerchioni delle ruote in legno, simbolo di un’Italia autarchica e ancora sostanzialmente rurale, alle forme aerodinamiche della Littorina Fiat del 1938, alla Vespa 125, prodotta dalla Piaggio nel 1949 e diventata inequivocabilmente l’emblema del nuovo corso intrapreso dal nostro paese.
Il centro della sala è occupato da un’opera per molti versi eccezionale: il tavolo L’Autarca. Brevettato nel 1936 con la definizione di “Tavolo contenente tutto il necessario per il servizio dei pasti”, L’Autarca era stato progettato nel 1935 dal notaio genovese Angelo Fasce con l’intento di offrire a sei commensali la possibilità di consumare un pranzo completo senza l’ausilio del personale di servizio. Dotato di un corredo originale comprendente piatti in terraglia rossa della Richard Ginori, tazzine da caffè in bachelite, bicchieri in vetro di Murano e tovagliette di lino ricamato, il tavolo disponeva infatti di un congegno che regolava attraverso una manovella il movimento a scomparsa della parte centrale, organizzata, nel suo movimento rotante, attraverso un accurato sistema di ripiani e sportelli. Ispirato dalla propria funzione basilare – la piena autosufficienza “conviviale” – il suo nome richiamava uno dei precetti più officiati della liturgia civile del fascismo: l’autarchia.
Il percorso espositivo si conclude con la sala destinata alle mostre temporanee che ospita mostre dedicate a figure artistiche, soggetti iconografici e temi correlati al percorso permanente.