
Clicca qui per visualizzare l'immagine
Già Venere e Marte / allegoria dell'intemperanza
Brignole-Sale De Ferrari Maria 1889 Genova - legato
Rubens, Pieter Paul
dipinto
1632 - 1635 - sec. XVII
PB 160
Unità di misura: cm; Altezza: 133; Larghezza: 142
olio su tavole di rovere
Mostra d'Arte Antica - Genova - 1982
Pieter Paul Rubens. Kritischer Katalog der Zeichnungen - Berlino - 1990
Rubens - Lille - 2003
Capolavoro della tarda maturità dell’artista fiammingo, databile tra il 1632 e il 1635, la tavola è menzionata per la prima volta a Genova nel 1735 circa, quando risultava appartenere a Gio. Francesco II Brignole - Sale nel Palazzo Rosso; secondo una recente indagine, il dipinto sarebbe tuttavia giunto in città da Madrid circa una trentina d’anni prima, forse per tramite del genovese Francesco de Mari. Il dipinto si presenta in forma di allegoria, nella quale sono state tradizionalmente riconosciute le figure di Marte, dio della guerra, disarmato da Amore, e di Venere, il cui fascino procace attira e soggioga il dio, unitamente all’ebbrezza provocata dal vino offerto in una coppa da Bacco, il dio della gioia di vivere. Venere indossa abiti coevi, ma il suo volto e la sua tornita fisionomia rispecchiano canoni di bellezza comuni nella produzione rubensiana, che non si possono riferire ai tratti somatici della seconda moglie del pittore, come invece affermavano gli inventari settecenteschi di casa Brignole-Sale. La figura di Marte, del resto, indossa il tipico abbigliamento del lanzichenecco e non si può considerare un autoritratto dell’artista: al contrario, sembra riprodurre il volto, identico fin nell’espressione, di un membro della famiglia Van den Wijngaerd, che Rubens ritrasse almeno altre due volte. La Furia che irrompe, a destra, dalle ombre di un paesaggio che si rivela desolato, arso e sconvolto dalla guerra, è stata realizzata con vibranti tocchi essenziali di bruno e nero direttamente sulla preparazione bruno-rossastra e si contrappone all'intensità cromatica e all’intatta luminosità degli impasti delle figure in primo piano, di ascendenza tizianesca. Di recente, il soggetto è stato interpretato come una più complessa Allegoria dell'Intemperanza, rifiutando l’identificazione tradizionale dei due protagonisti come il dio della Guerra e la dea dell’Amore (N. Büttner, Corpus Rubenianum, 2018). Il dipinto rappresenta la figura di Venere, dela dell'amore, al centro mentre disarma Marte, dio della guerra. Quest'ultimo viene stordito dal vino offerto in una coppa da Bacco, il dio della gioia di vivere.